Gruppo di riferimento della musica popolare italiana, molto conosciuto per i suoi spettacoli divertenti e per il grande coinvolgimento del pubblico.
Una grande esperienza, dai matrimoni ai festival internazionali, permettono a questo ensemble di musicisti di gestire qualsiasi situazione, in qualsiasi lingua, dando sempre vita ad uno spettacolo vibrante ed ironico in un originalissimo stile zingaro italiano forgiato dagli Acquaragia Drom.
In repertorio le tammurriate dei sinti del Vesuvio, le canzoni e le serenate dei parenti rom molisani, le tarantelle dei musicanti calabresi e del Salento, le serenate dei camminanti siciliani e vario swing e ritmi ballabili.
E in scena si balla! Rita ed Elia lasciano i loro strumenti per portare il pubblico nel cuore di una cerimonia tradizionale, di un matrimonio, di una animata festa gitana intorno ad un grande fuoco da campo: ritmi incalzanti e passionali, melodie struggenti e racconti di storie inverosimili con protagonisti tragicomici di cui si può ridere o commuoversi.
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Rom, Sinti e Camminanti
Sezione a cura di Massimo Converso (Presidente dell’Opera Nomadi di Roma)
“Forse ci mancano alcuni, quelli che nella scala dei valori di stima si trovano al posto più basso: i Romà e i Sinti comunemente chiamati zingari …essi sono ciò che noi vorremmo dare ad intendere di essere: europei nativi”.
(Günther Grass)
Nello stesso periodo storico in cui la comunità ebraica romana era confinata nel ghetto di via Arenula, dal Palazzo apostolico romano il 21 dicembre del 1557 veniva emesso un bando che raccomandava l’espulsione degli “zingari tanto uomini che donne” fuori delle mura. Ciò significa che anche nella repressione il trattamento per rom e sinti era già differenziato in negativo.
Questo bando mostra con certezza che i rom vivono a Roma da almeno 450 anni ed in particolare nell’attuale rione Monti.
In realtà essi erano giunti in Abruzzo e in Ciociaria già un paio di secoli prima (si veda la battaglia di Kosovo del 1392) seguendo i profughi croati e albanesi scacciati dall’invasione ottomana dei Balcani, e dalla Ciociaria (ma spesso anche da molto più lontano se consideriamo i sinti circensi), essi continuarono a muoversi, anche dopo l’emissione del bando, sulla scia di quello che era il naturale flusso commerciale (quello degli allevatori e sensali di equini) che univa indissolubilmente quella zona del Lazio alla capitale dello Stato pontificio.
Nel rione Monti, in pieno centro di Roma, la famigerata Suburra di epoca romana e medioevale, esistono una piazzetta e soprattutto una lunghissima via degli Zingari, dove alla fine i rom riuscirono a mimetizzarsi nella fase più acuta della repressione da parte dell’Inquisizione, e dove alcuni di loro riuscirono ad aprire dei veri e propri esercizi commerciali.
Nel 2001, l’allora Assessore alla Cultura di Roma, Gianni Borgna, ha fatto affiggere, con una solenne cerimonia alla quale era presente anche il Rabbino, una significativa lapide al numero civico 54 di via degli Zingari, nella quale viene ricordato lo sterminio comune di ebrei e rom sotto il nazifascismo. Si tratta di un importante atto di riparazione storica, il primo riconoscimento positivo di un’amministrazione pubblica verso questo popolo che, a distanza di quasi cinque secoli, ancora non trova pace nella città di Roma.
La maggior parte dei rom e sinti restarono però seminomadi almeno sino agli anni Trenta, allorché proprio da Abruzzo e Ciociaria un consistente numero di famiglie (guidate dai Di Silvio, tuttora la famiglia leader della comunità dei rom abruzzesi) si insedia stabilmente al Tuscolano nella zona del Mandrione, località che deve il suo nome all’attività di un gruppo di rom allevatori di cavalli.
Negli anni Trenta, e ancora per una generazione, il monopolio dello spettacolo viaggiante a Roma, come in tutta Italia, resta culturalmente e quantitativamente ai sinti: non c’è circense autentico che non sia sinto; le stesse Liana e Moira Orfei ancora conoscono l’uso dell’antichissima lingua romanì e così la famiglia sinta dei Casartelli (Mediano) e dei Togni. Furono infatti i galuppi, ovvero i lavoranti non-sinti assunti in maniera temporanea come aiutanti nelle diverse “piazze”, che a partire dagli anni Cinquanta cominciarono a mettersi in proprio e innescare quella concorrenza fra giostrai che la tradizionale solidarietà dei sinti ignorava. A tutt’oggi, comunque, il 70% delle piccole giostre e la quasi totalità di piccoli e grandi circhi sono gestiti dai sinti.
La città di Roma manca di un’area attrezzata per circhi (malgrado esista la legge nazionale 337 del 1968, che dà precise direttive ai comuni in questo senso) e non esiste una rete culturale di rilancio dello spettacolo viaggiante, nonostante gli sforzi dell’Assessorato all’Ambiente, che detiene tale delega. Fra le iniziative più recenti, si sta pensando ad una serie di piccoli luna-park periferici (per esempio all’ingresso del mega-parco-archeologico dell’ex-aeroporto di Centocelle) da dare in gestione ai sinti.
Al Mandrione viveva anche una piccola comunità di rom napoletani e non mancavano, di passaggio a Roma, i camminanti siciliani (ovvero gli arrotini e gli ombrellai ambulanti) nonché i rom kalderasha e qualche famiglia di rom lovara (il gruppo cui apparteneva Yul Brinner) di origine russa o balcanica.
Questo era il panorama culturale della presenza romanì a Roma fin oltre la metà degli anni Sessanta, quando contava all’incirca 2500 individui.
L’Italia avrebbe però presto avvertito le conseguenze della crisi della forma non-autarchica del socialismo jugoslavo, ovvero dell’incrinarsi dell’economia mista in un paese dove vivevano quasi un milione di rom, che peraltro erano riconosciuti costituzionalmente come “minoranza” e “popolo”.
Si trattava di decine di migliaia di operai attirati dal colosso industriale tedesco, ma anche di alcune migliaia di rom della Serbia e dell’Erzegovina e soprattutto della Bosnia e del Montenegro che si diffondevano nel centro-nord del nostro paese, in particolare a Torino, a Milano, nella fascia tirrenica toscana e a Roma.
I serbi Trajkovic, rom Rudari, i Jovanovic e i Nikolic, rom Kanjarija, tutti di religione cristiano-ortodossa, i bosniaci rom khorakhanè Halilovic Hadzovic e Ahmetovic e i montenegrini Salkanovic (khorakhanè: musulmani), i Cizmic, gli Hamidovic, i Sejdic, i Hrustic (khorakhanè anch’essi ma originari di Vlasenica, una delle tante cittadine bosniache multiconfessionali), portano con sé modi di vita e abitudini familiari (in particolare l’utilizzo dei minori per l’economia familiare) già superati da rom e sinti italiani.
Un’imprevista variabile è arrivata negli ultimi anni dai rom romeni che hanno accentuato la suddetta immagine negativa, se si eccettua un gruppo di musicisti ambulanti, arte ormai praticamente estinta culturalmente a Roma nelle comunità rom.
La Roma del Giubileo si dimostra infatti impreparata di fronte alla evidente miseria materiale in cui versava questo gruppo, che già nella sua città d’origine, Craiova, aveva subito l’intolleranza dei gruppi neonazisti dell’ex Germania dell’Est. Nella capitale i rom rumeni (provenienti soprattutto da Craiova ma anche da siti incredibilmente impoveriti come Calarasi e Turnu Severin; oppure da Timisoara, città letteralmente colonizzata dagli imprenditori del nord-est italiano attirati dai costi terzomondisti della disperata manodopera rumena del post-socialismo) in cinque anni sono diventati il gruppo di gran lunga più numeroso, arrivando a contare circa 8.000 unità.
La loro presenza si manifesta positivamente, come nel caso delle centinaia di musicisti di strada e di muratori, oppure nel caso della Cooperativa di sole donne, presieduta da una rom romena, ma anche negativamente, se si pensa che ben duemila minori risultano inadempienti all’obbligo scolastico, oltre che non vaccinati e presentano gravissime sacche di devianza; tutto questo è favorito dalla totale assenza istituzionale nelle baraccopoli createsi lungo i fiumi della città, luogo teatro della tragedia annunciata di Tor di Quinto , il cui esito è comunque da ascrivere con certezza ad un rom squilibrato psichico, non riconducibile nemmeno alle dinamiche più estreme della devianza dei rom balcanici e non certo, come imprudentemente affermato da qualcuno, ad una malformazione genetica. I rom/sinti, infatti, sono un popolo storicamente pacifico che non ha combattuto guerre, se si esclude la loro partecipazione alla resistenza in Spagna, in Italia e soprattutto nella ex-Jugoslavia, per difendere l’intera minoranza dallo sterminio razziale nazifascista.
Ma il forzato ritorno alla “vita di baracca” e alle grandi aggregazioni, realtà ormai superate nei paesi socialisti dove essi vivevano inseriti nei contesti urbani, li colloca in una diversità di fatto che li mette in conflitto con i fratelli rom “italiani” e soprattutto con la popolazione romana delle periferie, che proprio negli anni Ottanta stavano uscendo dall’umiliante fase delle baraccopoli, e che adesso le vedono riformare sotto casa da una gens estranea di cui non capiscono la lingua e non comprendono le tradizioni. A ciò si aggiunga che i prodotti artigiani dei rom jugoslavi trovano a Roma un mercato ridotto e per di più soggetto ai sequestri operati da vigili e polizia, situazione che li costringe a adottare espedienti quali la questua e il robivecchi.
Negli anni a cavallo del III° millennio, si è finalmente affermata una prima legalizzazione di queste attività. Si tratta di un periodo di passaggio fra l’epoca secolare dei mestieri tradizionali e un futuro non lontano di assorbimento nel lavoro parcellizzato; va ricordato, che a Frosinone come a Kragujevac in Serbia e Timisoara in Romania molti rom lavorano in fabbrica e molti di più nell’edilizia. L’azienda Ama ha affidato con successo ad una Cooperativa di operai rom (Phralipè) la raccolta differenziata dei rifiuti ingombranti in quattro Municipi; inoltre, è nata una Cooperativa di stireria e piccola sartoria (Baxtalò Drom) formata da sole donne, con l’aiuto del Comune di Roma nei locali del Cfp di Via Alessandro della Seta. Su Via Collatina, a Grotte Celoni, a Ponte Marconi e a Corviale, i mercati dell’usato della Cooperativa Pijats Romanò sono stati autorizzati e funzionano ogni domenica mattina.
Si pensa a loro come nomadi, ma già dal 1946 in tutto l’Est europeo era stata perseguita una politica minimale degli alloggi, grazie alla quale molti rom avevano abbandonando l’economia del nomadismo. In questo senso, il 29 dicembre del 1999 è stata una data storica, perché il Comune (a distanza di 20 anni dall’assegnazione delle case Iacp ai rom abruzzesi e napoletani del Mandrione) ha consegnato le prime casette con servizi igienici individuali.
Negli anni successivi è proseguita la costruzione dei Villaggi Comunali con prefabbricati per i rom dei Balcani; in questo Roma è in controtendenza, perché in tutto il Centro-Nord i comuni chiudono i campi e delocalizzano i rom in case mononucleari, cioè sul modello balcanico.
Se si eccettuano i rom Rudari (e sempre di meno anche fra rom napoletani, sinti giostrai e camminanti siciliani), tutti adoperano come prima lingua il romanés, idioma di origine indiana, che crea serie difficoltà alla scolarizzazione dei minori. Si aggiunga che prima del progetto Comune-Opera Nomadi del 1992 per la scolarizzazione dei minori, a Roma è cresciuta un’intera generazione di genitori giovani ed analfabeti, che rimane ai margini della società. Di certo il livello così basso di scolarizzazione (almeno il 50% dei minori rom a Roma non è mai entrato in un’aula scolastica, nonostante gli sforzi ed il significativo impegno finanziario del Comune), impedisce la formazione di un ceto stabile (come invece è accaduto a Milano) di mediatori culturali rom/sinti; quelli residenti a Roma, infatti, sono impiegati più per assicurare convivenza positiva ai progetti delle Istituzioni Pubbliche che ad una vera mediazione.
Comunità di S. Egidio Solidarietà nomade
Tra gli attuali progetti, le cosiddette “scuole della pace”: due o tre volte alla settimana diversi gruppi di minori rom e sinti partecipano insieme a minori non rom ad incontri attraverso i quali si vuole educare all’incontro interculturale, al rispetto dei disabili, al rispetto dell’ambiente, e così via.
Fra le altre attività, viene fornita assistenza per particolari necessità, come visite mediche o problemi con le istituzioni ed è stato istituto un centro di prima accoglienza per i nuovi arrivati (aperto il venerdì tra le 15.30 e le 19.30).
Grazie a questi interventi diretti, la Comunità di Sant’Egidio è diventato un osservatorio privilegiato delle comunità zingare presenti sul territorio romano, nonché uno strumento di integrazione, di incontro e di scambio interculturale.
piazza S.Egidio 3/a
tel. 06 8992234 fax 06 5800197
info@santegidio.org
www.santegidio.org
Musicanti rudari
Nome "collettivo" di un gruppo di musicisti legati alla comunità rom di via e Salviati attivi nel vitale circuito di feste che si realizzano all'interno di alcune delle comunità rom provenienti dall’area dell’ex Yugoslavia.
Il repertorio e gli stili strumentali e di danza sono strettamente legati alla musica tradizionale e moderna maggiormente in voga in area balcanica.
Cooperativa Ermes
via Statilio Ottato 33
tel 06 7611748
scolarizzazionerom@capodarco.it
www.ermescooperativa,it
Popica Onlus
Tra i progetti: "Progetto Unità di strada per la scolarizzazione e l'assistenza dei Rom" che ha come obiettivo quello di raggiungere gli insediamenti spontanei delle aree di competenza per intraprendere un percorso di scolarizzazione dei minori e prestare assistenza sanitaria e legale agli adulti.
I rom intercettati sul territorio, vivono negli insediamenti non riconosciuti e per questo non godono di alcun servizio minimo di base. L’unità di strada si propone di raggiungere l’utenza nel suo contesto per portare le informazioni necessarie affinché possano poi autonomamente raggiungere i servizi d’assistenza necessari per attivare i percorsi di regolarizzazione e integrazione.
Il lavoro viene sviluppato da un’equipe composita, costituita da un coordinatore di progetto, un mediatore interculturale e due operatori volontari che abbiano qualifiche di carattere giuridico o sanitario.
Popica Onlus
piazzale Konrad Adenauer, 8 (sede amministrativa)
via Filippo De Grenet, 46 (sede legale)
tel 06 54649376 – fax 06 5916798
info@popica.org
www.popica.org
Taraf da Metropulitana
Finisterre
via Macedonio Melloni, 9
tel/fax 06 64690714
info@finisterre.it
www.finisterre.it
Zajedno
La Cooperativa Zajedno nasce dalla fusione dell’associazione Insieme Zajedno e di operatrici sociali con lo scopo di elaborare una specifica azione di sostegno all’occupabilità femminile. Dall’esperienza del Laboratorio Manufatti Donne Rom e dall’incontro di un gruppo di donne, che hanno condiviso le motivazioni, lo spirito e il modello organizzativo secondo un’ottica di genere, è nata l’idea di fondare, insieme a donne Rom, la Cooperativa Zajedno. La Cooperativa promuove azioni di rafforzamento delle competenze sociali e professionali delle donne, favorendo la creazione di opportunità di lavoro per donne rom e donne in situazione di fragilità sociale.
L’attività della Cooperativa Zajedno spazia dalla realizzazione e vendita di manufatti sartoriali, originali e unici, accessori d’abbigliamento e d’arredo, a libri tattili, a forniture per Enti Pubblici, esercizi commerciali e del privato sociale, a percorsi di una specifica formazione professionale e di inclusione sociale.