Adam, sua moglie Asya, l’amante arabo di lei, Na’im, la figlia Dafi: una storia a più voci, quattro mondi lontani che a dispetto della vicinanza non riescono a incontrarsi.
L’amante


Adam, sua moglie Asya, l’amante arabo di lei, Na’im, la figlia Dafi: una storia a più voci, quattro mondi lontani che a dispetto della vicinanza non riescono a incontrarsi.
Il mondo di "Post mortem" è quello degli ebrei di Tel Aviv, e in particolare quello degli immigrati in fuga dalla Germania fra gli anni Venti e Quaranta del Novecento. Kaniuk, ripercorrendo gli eventi tragici e insieme quotidiani che smembrarono la sua famiglia fino a farla sparire, si tiene lontano da ogni ripiegamento sentimentale. La scomparsa di una così fitta ragnatela di parentele diventa occasione per dissezionare anche il mito della grande famiglia patriarcale della tradizione ebraica e farne il bersaglio della sua pungente scrittura.
Un uomo fuggito da Israele per rifarsi una vita in America ritorna in patria per sciogliere definitivamente ogni legame con la moglie.
La storia dell’impossibile separazione raccontata da tanti “io” diversi, dai punti di vista - tutti parziali e tutti con le loro ragioni - dei vari personaggi. La crisi di una famiglia come metafora dell’identità ebraica, divisa tra diaspora e costruzione di uno stato nazionale.
Una storia di sentimenti e passioni inconfessabili: un giovane medico torna dall’India innamorato di una donna molto più grande di lui.
Parigi, gelido borgo sperduto fra oscure contrade. Siamo nell'estate del 999, nel cuore di un continente selvaggio e in fermento per l'approssimarsi del fatidico Anno Mille. Il ricco mercante ebreo Ben-Atar, in compagnia delle due mogli, è in viaggio per raggiungere il nipote Raphael Abulafia, ex socio d'affari, e la sua nuova moglie, una askhenazita che disapprova la bigamia del mercante maghrebino.
In una saga moderna, la storia a ritroso della famiglia Mani, dall’Israele del 1982 alla Grecia del 1848.
In cinque dense stagioni l’elaborazione del lutto e il ritorno alla vita di un uomo, Molcho, dopo la morte della moglie.
Incapace di sopportare l'infelicità del figlio, il professor Rivlin tenta di riallacciare i legami con la famiglia dell'ex nuora. Iniziano cosí le sue indagini, e le sue visite, per venire a capo di un enigma che lo fa macerare nell'ansia. Il professore ebreo, tuttavia, non riuscirà a risolvere il mistero da solo, e gli arabi, temuti e amati, arriveranno ad aiutarlo.
Il libro raccoglie tutti i racconti scritti da Yehoshua: dodici storie pervase da atmosfere surreali, nelle quali i personaggi si muovono in bilico tra sogno e realtà, preda di un disagio che si trasforma in stanchezza, in un bisogno incontrollato di dormire. Sono dei perdenti, gli «eroi» di Yehoshua; uomini stanchi, incapaci di raggiungere i propri scopi, privi di certezze, e quando le certezze sembrano esistere sono destinate a soccombere.
(Traduzione di Arno Baehr)
Una donna scrive all’ex marito lontano per chiedere aiuto per sè e per il loro figlio, un ragazzo difficile e ribelle.
Si avvia così una corrispondenza che apre la “scatola nera” dei ricordi e dei risentimenti, delle ragioni e dei silenzi che hanno portato alla catastrofe dei personaggi.
Nell'Irak del dopoguerra, una intelligente ragazza di provincia cerca di affermare la propria individualità, anche attraverso gesti semplici quali l'incapacità a portare il velo.
Sullo sfondo emerge un intrigante mondo di donne tra cui spicca la saggia nonna.
L'Egitto, tra la seconda guerra mondiale e gli anni sessanta, rievocato sul filo della memoria e del sogno.
Un monologo interiore che riporta all’animo del protagonista i più bei ricordi delle ragazze di Alessandria.
"Il sertão di Guimarães Rosa è uno spazio magico percorso nell'intrico dei suoi sentieri da santoni e banditi, popolato di mandrie e di piccoli uomini dai nomi altisonanti come di eroi di saghe remote.
Vittima, forse, di un inconcluso patto col maligno, il vecchio bandito-jagunço Riobaldo porta nel sertão del cuore, il rimorso di un peccato originale che lo precede” (Luciana Stegagno Picchio)
Dona Flor e i suoi due mariti è uno dei capolavori di Jorge Amado: la ricchezza verbale, la perfetta architettura narrativa, lo humour e il contagioso amore per la vita sono quelli dei grandi classici della narrativa sudamericana. Nella moltitudine dei personaggi, nel delicato mormorare delle comari, nelle inquietudini di Flor, inseguita dal desiderio, la miseria e la grandezza degli abitanti di Bahia hanno la loro celebrazione.
Il romanzo ruota attorno alla vedovanza di dona Flor e al suo lutto stretto, vissuto nel ricordo di Vadinho, delle loro ambizioni, del fidanzamento e dello sposalizio. Coglie l’intimità della giovane vedova, il suo riserbo, le sue notti insonni e la sua insoddisfazione.
Un romanzo popolare, una saga che Amado immagina di aver raccolto qua e là dalla bocca della gente che ha veramente conosciuto la ragazza Teresa, simbolo della forza misteriosa che appartiene solo alle donne. Vita e miracoli di Teresa Batista venduta tredicenne dai parenti a un turpe orco stupratore, giustiziera del suo tiranno, prostituta capace di ridiventar vergine a ogni nuovo amore, sambista inarrivabile, irriducibile debellatrice del diavolo nero, indomita sindacalista dei bordelli, generosa animatrice di ogni rivolta contro l'ingiustizia terrena; santa, probabilmente figlia della divinità guerriera Iansã, o addirittura, Iansã stessa, eternata con divertimento e golosità inesauribili dal piú popolare narratore brasiliano.
Seguendo i moduli del racconto orale e le suggestioni delle credenze popolari, l'autrice ci introduce nell'insolito universo dell'arcipelago di Capo Verde.
Un ritratto di donne vitali e coraggiose, spesso costrette dalle siccità ricorrenti ad un adattamento ai limiti della sopravvivenza, o spinte alla scelta dell’emigrazione nella speranza di una vita migliore.