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La felicita è come l’acqua

L'acqua non disseta e non bagna, piuttosto si disperde in rivoli fra le mani; è la felicità, passeggera e per questo preziosa, raccontata nelle moderne fiabe africane di Chinelo Okparanta. Leggendo le sue storie cí immergiamo, accompagnati da una lingua lirica e una cadenza folclorica, in un nuovo mondo sorretto da parole antiche, ascoltate di sottecchi mentre si cucina un riso jollof, tuonate da pulpiti, o peggio ancora mai pronunciate e sepolte in un quotidiano limaccioso e misterico, riaffiorando in superficie, annaspando per trovare l'aria.

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Preghiera del mare

Mio caro Marwan… È l’inizio della lettera che un padre scrive al suo bambino, di notte, su una spiaggia buia, con persone che parlano “lingue che non conosciamo”. I ricordi di un passato fatto di semplici sicurezze, la fattoria dei nonni, i campi costellati di papaveri, le passeggiate nelle strade di Homs si mescolano a un futuro incerto, alla ricerca di una nuova casa, dove “nessuno ci ha invitato”, dove chi la abita ci ha detto di “portare altrove le nostre disgrazie”.

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La caduta dei Golden

Nel giorno dell'investitura del nuovo presidente, quando noi temevamo che potesse essere assassinato mentre camminava mano nella mano con la sua eccezionale consorte tra ali di folla acclamanti, e quando tanti di noi erano sull'orlo della rovina economica a seguito dell'esplosione della bolla dei mutui, e quando Isis era ancora una divinità-madre egizia, un ultrasettantenne re senza corona arrivò da un paese lontano a New York con i suoi tre figli senza madre per prendere possesso della sede del suo esilio, fingendo che non ci fossero problemi nel suo paese, nel mondo o nella sua storia personale. Salman Rushdie torna a raccontarci una nazione e il nuovo secolo con la forza evocativa e la leggerezza ammaliante del grande scrittore che si muove con disinvoltura tra le luci cinematografiche di una realtà fatta di riflettori e finzioni, e i sortilegi di un mondo antico che conosce fin troppo bene.

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Sull’ansa del fiume

Attratto da un richiamo fatale nel cuore dell'Africa, il giovane Salim, indiano di fede musulmana, lascia la costa orientale del continente per rilevare da un amico di famiglia un eccentrico bazar in riva a un fiume punteggiato dalle «isole scure» dei giacinti e circondato da un paesaggio primordiale di foreste, torrenti nascosti e impervi, canali infestati da zanzare e solcati da chiatte, buganvillee rigogliose, tramonti velati di nuvole lungo le rapide. Qui cercherà di contribuire, con pochi sodali, all'evoluzione di una società travolta da recenti tumulti. E in un primo momento la comunità dell'«ansa del fiume» – così come l'intero paese – sembrerà avviarsi a un promettente progresso.

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Uno zero

Waldo, celebre regista con una vita vorticosa e una carriera di successi e premi alle spalle, per nulla rassegnato alla mortificazione di dover passare la vecchiaia da recluso in casa, è intossicato dal sospetto che la devota moglie Zee, ancora bellissima e molto più giovane di lui, abbia un amante, Eddie: un giornalista cinematografico più sveglio che competente, un parassita annidatosi nelle loro esistenze con il pretesto di rendersi utile. Diventato voyeur della propria dimora e della propria quotidianità, l'udito amplificato da un apparecchio e teso a interpretare qualunque fruscio, Waldo accumula con pazienza le prove del tradimento e medita una vendetta squisita.

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Hanif Kureishi presenta Uno zero alla Biblioteca Renato Nicolini

Nell’ambito della XVI Edizione di Letterature Festival Internazionale di Roma giovedì 13 luglio 2017 alle ore 11 in via Marino Mazzacurati, 76 la Biblioteca Renato Nicolini ospita lo scrittore Hanif Kureishi che presenta il suo ultimo romanzo Uno zero (Bompiani editore) in dialogo con Elena Stancanelli e Marino Sinibaldi.

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Due anni, otto mesi & ventotto notti

Esiste un tempo mitico che comprende il passato antichissimo e il futuro quasi prossimo, che investe tutti gli spazi, mette in comunicazione il cielo e la terra, il regno dei vivi e quello dei morti, gli umani e le divinità. È il tempo della tradizione millenaria dei raccontatori di storie. Due anni, otto mesi e ventotto notti.

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L’ultima parola

Mamoon è un noto scrittore nato in India, ma che ha costruito la sua carriera in Inghilterra. Ha ormai settant’anni e la sua reputazione si sta affievolendo, le vendite calano e la sua nuova moglie ha gusti molto costosi. Harry è un giovane scrittore che accetta di scrivere la biografia di Mamoon per rivitalizzare sia la figura del vecchio leone sia il conto in banca. Harry ammira molto il lavoro di Mamoon e vuole svelare la verità sulla vita di questo artista. Ma l’editore che ha commissionato la biografia cerca molto più di questo, cerca lo scandalo, magari a sfondo sessuale, qualcosa che possa solleticare la curiosità dei media.

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La maschera dell’Africa

Naipaul viaggia sempre alla ricerca di qualcosa. In Fedeli a oltranza aveva esplorato quel groviglio rovente di pulsioni e ideologie che ancora non si chiamava fondamentalismo islamico: qui tenta invece di afferrare la sfuggente sopravvivenza delle credenze arcaiche in ciò che nel continente africano – e spesso non altrove – si intende per "modernità". È un itinerario lungo e tortuoso, che porta Naipaul dall’Uganda e dal Ghana alla Nigeria, dalla Costa d’Avorio e dal Gabon fino al Sudafrica, e che attraverso una scansione di incontri, fatti nudi e storie individuali gli fa trovare subito qualcosa di imprevisto: Ero convinto che nell’immensa vastità dell’Africa le pratiche magiche non fossero diffuse in maniera uniforme ha scritto Naipaul presentando La maschera dell’Africa.

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I coccodrilli di Yamoussoukro

Nessuno sa quale potrà essere l’aspetto finale della strana creatura architettonica concepita dal presidente della Costa d’Avorio su istigazione di un misterioso progettista, non estraneo alle pratiche magiche tribali. E quando Naipaul riesce finalmente a raggiungere l’area, si trova davanti un paesaggio che agisce su di lui come un’allucinazione: un paio di alberghi internazionali, una moschea, un troncone di autostrada che finisce nel nulla, e sullo sfondo l’abbacinante verde smeraldo di un campo da golf miracolosamente preservato dalla polvere ocra che, a quelle latitudini, ricopre ogni cosa.

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Una via nel mondo. Una sequenza

"Nel nostro sangue, nelle nostre ossa, nel nostro cervello portiamo i ricordi di migliaia di esseri". Si direbbe che sia innanzitutto la sfida di questo "mistero dell'eredità" a spingere Naipaul di nuovo verso Trinidad, l'isola dove è nato, fonte primaria e privilegiata delle sue storie. La via che sceglie è singolare: una sorta di romanzo-non romanzo in cui confluiscono tutte le forme, dalla narrazione autobiografica al saggio al racconto di viaggio alla ricostruzione storica, che egli ha sperimentato nella sua opera. Anche i piani temporali si intrecciano, in un tessuto che annoda i fili della memoria storica con quelli del ricordo personale. All'inizio è la vita di un singolo, alla fine saranno molte le vite che qui trovano e perdono una "via del mondo".

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Scrittori di uno scrittore

Il mio intento in questo libro non è la critica letteraria né la biografia ... Voglio soltanto, e in maniera del tutto personale, passare in rassegna i tipi di scrittura che mi hanno influenzato nel corso della mia evoluzione. Ho detto scrittura, ma intendo più precisamente visione, modo di guardare e di sentire. È dunque un viaggio quello che Naipaul ci propone, il suo viaggio: dalla natia Trinidad («un puntino sul mappamondo») agli ambienti letterari della Londra anni Cinquanta, dall’India alla Cartagine di Polibio e di Flaubert, e alla Roma di Cicerone e di Virgilio. Così la scrittura, che è sempre «prodotto di una specifica visione storica e culturale», permette di esplorare il tempo oltre che lo spazio – e di affiancare Derek Walcott a un materassaio analfabeta, Nirad Chaudhuri e Anthony Powell a un politicante con velleità letterarie («lo Stalin di Trinidad»), Gandhi a Giulio Cesare.

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La perdita dell’Eldorado

Crescere in un mondo dal "passato ignoto" può segnare una vita intera. Non stupisce dunque che Naipaul, da ragazzo, a Trinidad, sentisse "l’assenza della storia": nessuno, intorno a lui, sapeva che Chaguanas, la sua città d'origine, trae il nome dai nativi che Colombo aveva chiamato "indiani" e che ora non esistono più, come i Caribi e gli Aruachi, svaniti senza lasciare monumenti; a nessuno interessava che l'isola fosse servita agli spagnoli solo come base per la corsa al­l'oro nella giungla sudamericana; e su quanto rimaneva delle piantagioni di canna da zucchero, risalenti alla successiva dominazione inglese, nessuno si interrogava.

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La metà di una vita

Figlio di un asceta che ha fatto voto di silenzio per ribellarsi ai privilegi della propria casta (e nel quale Naipaul, risolvendo un annoso dilemma, identifica l'ispiratore di Sul filo del rasoio di Maugham) e di una donna appartenente al gruppo sociale degli "sfavoriti", il giovane Willie Chandran si trasferisce dall'India nella Londra degli anni Cinquanta. Qui entra in contatto con la realtà degli immigrati caraibici e dei primi tumulti razziali, frequenta il mondo bohémien che anima la vita notturna di Notting Hill e pubblica un libro di racconti d'ambientazione latamente coloniale che riesce a ottenere il plauso – moderato – della critica. Ma l'incontro con Ana, immigrata dall'Africa portoghese, lo spingerà a sottoporsi a una seconda "traduzione": la seguirà infatti nel suo paese d'origine, dove si celebrano gli ultimi, mesti riti del colonialismo.

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Leggere e scrivere

Più volte Naipaul è tornato con la memoria a quando, ancora bambino a Trinidad, sognava di diventare un grande scrittore. Ma non ci aveva mai raccontato con la vibrante immediatezza di queste pagine come si accostò alla scrittura e, prima ancora, alla lettura; come riuscì a crearsi, in una colonia alla periferia dell'impero britannico, un mondo soltanto suo, estraneo alla letteratura sulla quale si era formato. Né ci aveva mai confessato in che misura il legame con l'India – «la grande ferita» di tutti gli emigrati indiani nelle isole del Nuovo Mondo – abbia agito in profondità nella sua vita, suscitando un gioco drammatico di attrazioni e resistenze.

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Harun e il Mar delle storie

Nella più triste delle città, così triste da aver persino dimenticato il proprio nome, vivono il cantastorie Rashid Khalifa, lo Scià del Bla-bla, e suo figlio Harun. Rashid è dotato del magico dono di saper raccontare, incantando con la sua voce chi lo ascolta. Non appena schiude le labbra, ne sgorgano saghe piene d'amore e di magia, con eroi, battaglie, principesse. Finché un giorno dalla bocca dello Scià del Bla-bla non esce che un orribile verso. Cos'è successo? Da qualche parte, in qualche modo, la sorgente di tutte le storie è stata contaminata: il Principe del Silenzio è riuscito a inquinare il Mar delle Storie. Harun decide allora di salvare il padre facendogli ritrovare il suo potere; e per farlo parte con lui per un viaggio pieno di pericoli.

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Furia

Malik Solanka, storico in pensione e fabbricante di bambole, decide all'improvviso di abbandonare la famiglia e, agitato da una furia interna, fugge a New York. Ma anche qui si trova circondato dallo stesso sentimento che l'aveva spinto a scappare: litigi, risentimenti, meschinità percorrono la metropoli da un capo all'altro.

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I mimi

Singh, giovane coloniale di origine indiana, lascia alla fine della seconda guerra mondiale la nativa Isabella, isola incastonata nello smalto turchese dei Caraibi, per andare a studiare a Londra, da cui, al termine dei corsi universitari, ripartirà con una moglie bianca e una valigia piena delle schegge dei suoi sogni. Tornato a casa, e diventato un imprenditore di successo, Singh decide di entrare in politica in un momento cruciale per la sua piccola patria, da poco avviata lungo il cammino del l’indipendenza. Ma durante un secondo viaggio a Londra, intrapreso allo scopo di chiedere sussidi finanziari e aiuto politico alla ex potenza coloniale, i compagni di partito approfitteranno della sua assenza per escluderlo dal potere.

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Semi magici

E' una tarda estate berlinese, verso la metà degli anni Settanta. Approdato a un'inerte maturità, Willie Chandran viene scosso da proclami idealistici della sorella e, gettandosi alle spalle un'educazione londinese e un ventennale, indolente soggiorno in Africa, decide di tornare nell'India nativa  per abbracciare la causa di un gruppo di guerriglieri separatisti.

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L’enigma dell’arrivo

Quasi un diario della permanenza dell’autore in Inghilterra dove il confronto tra due culture, tema cruciale di tanta letteratura coloniale, viene trattato dal punto di vista di un orientale che assume il ruolo dell’osservatore distaccato e scettico.

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