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L’autunno è l’ultima stagione dell’anno

Tre giovani donne, la cui amicizia è nata nelle aule della facoltà di ingegneria dell’Università di Tehran, si confrontano, sulla soglia dei trent’anni, con scelte importanti dalle quali dipenderà il loro destino futuro.
Leila cerca disperatamente di ritrovare il suo posto nel mondo dopo che ha deciso di non seguire il marito all’estero per proseguire gli studi. Incapace di rassegnarsi alla fine di quello che era stato un grande amore e un matrimonio felice, cerca conforto nel lavoro in un giornale che le mutate condizioni politiche costringeranno di lì a poco a chiudere.

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Via della Rivoluzione

Via della Rivoluzione è una strada ma anche il simbolo, legato a un momento storico ben preciso, della tensione verso il cambiamento di una società complessa che vive sospesa nel perenne contrasto tra spinta modernizzatrice e conservazione della tradizione. Con una prosa essenziale e incisiva, l’autore propone una riflessione sconvolgente sulla condizione della società iraniana che appare multiforme e amaramente inerme di fronte alla sopraffazione degli apparati di potere.

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Anche questa è Tehran, credetemi!

Questa è una raccolta di quattordici racconti tradotti dal persiano da Leila Karami che li ha selezionati in seguito alla lettura delle opere maggiori delle scrittrici più insigni dell'Iran. Alba De Cespedes, Grazia Deledda e Natalia Ginzburg sono le scrittrici italiane che più influenzano il panorama letterario contemporaneo delle scrittrici iraniane. Queste sanno adattare alla propria cultura ciò che hanno imparato dalle loro maestre, facendo emergere un vissuto, quello delle donne, assai trasversale. Ciascun racconto offre uno spaccato della realtà iraniana, rappresentata dall’odierna metropoli dell’antico paese, vuoi sociale vuoi politico, con puntuale attenzione alla condizione femminile, e ogni racconto propone una fisionomia particolare.

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Giornata dedicata all’arte e alla cultura iraniana al festival estivo dell’Accademia Filarmonica Romana

Giovedì 7 luglio 2016 presso l'Accademia Filarmonica Romana, in via Flaminia 118, alle ore 18.30 si terrà la nuova edizione della giornata dedicata all'arte e alla cultura iraniana nell'ambito del festival estivo dell'Accademia, con la collaborazione dell'Associazione culturale Alefba, la fondazione Neuhaus e il comitato per un centro interculturale a Roma.

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Sogni di pioggia

Nel complesso decennio che precede l'avvento del regime degli ayatollah, l'Iran si presenta come un paese lacerato tra numerose identità in conflitto. La stessa Yaas, la dodicenne protagonista di questo romanzo, è nata in una famiglia che testimonia di questa affascinante ma pericolosa precarietà: figlia di un padre ebreo eppure integrato nell'elite musulmana di Teheran, Yaas si fa voce narrante per raccontare la difficile esistenza di sua madre Bahar, da giovane sposa innamorata a moglie di un marito adultero e distante, libero di disporre di sé in un mondo che di giorno in giorno restringe invece sempre più gli spazi consentiti alle donne, specialmente di religione non islamica.

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La bisaccia

Nove persone sono in viaggio nel deserto fra La Mecca e Medina, a metà del diciannovesimo secolo. Ognuna di loro incontrerà un misterioso oggetto, capace di cambiare l'esistenza di chi lo possiede: una bisaccia, in apparenza assolutamente normale, che contiene pero' qualcosa di così prezioso e potente da poter dispensare morte o gioia, rovina o salvezza. La bisaccia è stata rubata, e nelle ventiquattr'ore successive al furto le vite delle persone che 3ne entrano via via in possesso si intrecciano in modo imprevedibile. Nasce così questa storia circolare ed eterna, che si dipana sulla Via della Seta cinese, tra India e Iran, Costantinopoli e Londra.

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I mostri hanno paura della luna

I mostri compaiono tutte le notti nella camera della piccola Maria e fanno tanta paura. Come scacciarli? Maria ruba la luna e la appende sopra il suo letto. Ma la sparizione della luna non rallegra nessuno in città. I gatti smettono di dare la caccia ai topi e i topi la fanno da padroni. Sarà il re dei gatti a trovare la soluzione per fare tutti contenti. Età di lettura: da 3 anni.

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Il sospiro

Quando suo padre, dopo un viaggio d'affari, torna senza il regalo che lei gli aveva chiesto, Rosa sospira: e il suo Sospiro, sotto forma di spiritello, le porta immediatamente ciò che desiderava. Per ripagare il dono la ragazza dovrà vivere nel Regno dei Sospiri e sposarne il bellissimo principe, di lei follemente innamorato. Per uno sfortunato incidente, però, Rosa strappa al suo amato la piuma magica che lo tiene vivo: una colpa che la ragazza deciderà di espiare passando come schiava da una casa all'altra e affrontando prova dopo prova le difficoltà della vita, tra misteri e incantesimi, fino a ritrovare finalmente il modo di riportare nel mondo dei vivi il suo principe e recuperare così la felicità perduta. Età di lettura: da 5 anni.

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La strega nera di Teheran

Il romanzo è la saga famigliare dei Suleyman, una famiglia di ricchi commercianti ebrei di Teheran costretta a emigrare in America dopo la rivoluzione khomeinista. È soprattutto la storia di una incredibile persecuzione della famiglia da parte di una donna, la Strega nera, decisa a far riconoscere il proprio figlio bastardo come erede del ricco patrimonio dei Suleyman. La Strega nera appare improvvisamente un giorno nella villa dei Suleyman proveniente dai sobborghi più miseri di Teheran e sostiene che il suo bambino è frutto della sua relazione con il primogenito dei Suleyman, Raphael, un uomo con problemi di salute mentale.

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A volte velo e a volte specchio. Liriche persiane (secc. IX-XIX)

Il volume raccoglie una serie di liriche dei più rappresentativi poeti persiani lungo un arco di tempo millenario (dal IX al XIX sec.). Curato da Carla De Bellis, italianista de La Sapienza, e da Iman Mansub Basiri, docente dell’Università di Teheran, il testo si avvale della felice collaborazione di due culture, la persiana e l'italiana, vicine soprattutto nella ricchezza dell'arte poetica e nella speculazione filosofica sulla bellezza e sul linguaggio. La complessa traduzione letterale di Iman Mansub Basiri, attenta ai contenuti filosofici dell'antica poesia e alla sua espressione polisensa, è stata adeguata a una maggiore fruibilità per il lettore italiano attraverso la riscrittura di Carla De Bellis, che ha ritrovato il tessuto di suoni ritmi figure proprio della poesia italiana, curando tuttavia l'aderenza semantica ai testi originari. Alcune delle poesie sono state tradotte per la prima volta in una lingua occidentale e l'Antologia presenta i testi poetici in lingua persiana accanto alla traduzione, così da essere seguita anche da un lettore iraniano. Il titolo dell'opera, A volte velo e a volte specchio, richiama un verso del poeta persiano Bidel Delhavī (secc. XVII-XVIII).

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L’attrice di Teheran

Le protagoniste di questo romanzo sono due donne, due iraniane. La prima, nata dopo la rivoluzione del 1979, e che ha conosciuto solo il regime islamico, è una giovane attrice di grande successo. La seconda, scrittrice rinomata, è cresciuta nell'Iran dello Scià. La ragazza racconta alcuni episodi della propria infanzia, le vessazioni subite dai familiari in quanto laici ed artisti, la folgorante carriera nel cinema, il peso della censura e i lunghi interrogatori da parte dei Guardiani della Rivoluzione.

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Il re

Ho lasciato morti dietro di me, i miei compagni di lotta sono in carcere o sepolti in qualche cimitero, mentre io vengo ricevuto ovunque come un re. Come i precedenti romanzi di Kader Abdolah, anche Il re è frutto di una febbrile urgenza di scrivere, di un dovere etico della memoria. Siamo nella Persia a cavallo tra Otto e Novecento, al centro del Grande Gioco tra Russia, Francia e Inghilterra per il dominio asiatico. Ma è anche l’alba della globalizzazione, una brezza incessante spazza via tradizioni millenarie per portare modernità e profondi cambiamenti. Debole, ostinato, vendicativo, più interessato alle duecentotrenta donne del suo harem e alla gatta Sharmin che ai problemi dell’Iran, lo scià Naser non sa intercettare gli snodi cruciali della Storia, ma proprio per questo mantiene il fascino umano del perdente legato a un mondo che scompare.

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Il messaggero

C’era una volta un popolo che viveva in una terra desertica intorno alla Mecca, era diviso, governato da leggi tribali e venerava idoli di pietra, cui sacrificava le sue figlie femmine. Un popolo di seminomadi poveri e ignoranti, guardati dall’alto in basso dai ricchi mercanti ebrei e schiacciato tra grandi imperi – Bisanzio, la Persia, l’Egitto. Tutte civiltà avanzate, ognuna con un suo profeta, che si chiamasse Mosè, Gesù o Zarathustra, e un suo Libro, e soprattutto ognuna con un unico dio. In quella terra inospitale viveva un mercante scaltro, membro di un clan illustre. Era analfabeta, ma visionario e determinato, e dotato di una curiosità e una fantasia inesauribili. Era un poeta. Il suo nome era Muhammad.

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Ritratti e un vecchio sogno

Un viaggio in Sudafrica diventa per Davud, esule iraniano giornalista ad Amsterdam, la rivelazione delle proprie radici più profonde, il recupero del proprio passato, la scoperta di un’affinità di ricerca d’identità, la storia di un innamoramento, forse di una donna, forse di un paese e della sua poesia. Da quando mette piede sulla bruna terra africana, Davud si sente a casa e scopre di essere vissuto da straniero in quell’Olanda che l’ha accolto come rifugiato politico e di cui ha acquisito la lingua, la nazionalità e i costumi.

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La casa della moschea

Da secoli la famiglia di Aga Jan, ricco mercante di tappeti e capo del bazar, ha legato i suoi destini alla moschea di Senjan, nel cuore della Persia. La dimora adiacente alla moschea è pervasa da miti e antiche tradizioni, immagine armoniosa di una società che sta per essere attraversata dagli sconvolgimenti del presente, come fa presagire la massa di formiche che invade il cortile della casa nell'incipit del romanzo. Il piccolo centro religioso di Senjan rischia di rimanere lontano sia dalla modernizzazione filo-occidentale imposta dallo scià che dall'intransigente reazione oscurantista che si prepara nella roccaforte degli ayatollah di Qom.

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Calila e Dimna

Dalla scoperta delle Mille e una notte, il mondo esotico di un millenario oriente in cui si mescolano tradizioni indiane, persiane e arabe, con i suoi scià e visir, eremiti e bramini, fanciulle belle come la luna e mariti gelosi, servi infidi e improvvidi mercanti, animali parlanti a specchio di umani vizi e virtù, è per noi sinonimo di fiaba, parte inscindibile del nostro immaginario fantastico. È a questa stessa tradizione che appartiene Calila e Dimna, “uno dei sei o sette antichi libri persiani più importanti, la nostra prosa più bella”, dice Kader Abdolah che l’ha voluto rielaborare nel suo olandese icastico e poetico, per offrirlo in moderna versione, filtrata dalla sua sensibilità di scrittore esule, come un “antico gioiello” donato ai lettori occidentali.

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Scrittura cuneiforme

Ismail, esule politico iraniano rifugiato in Olanda, riceve un giorno un misterioso taccuino, scritto in strani caratteri incomprensibili. È il quaderno che suo padre Aga Akbar, riparatore di tappeti sordomuto e analfabeta, portava sempre con sé. Peregrinando tra le montagne innevate al confine tra Iran e Urss, nei villaggi dove si tessevano tappeti volanti e i santi aspettavano il Messia leggendo libri in fondo ai pozzi, Aga Akbar registrava i suoi pensieri nell’unica scrittura che conosceva, i caratteri cuneiformi copiati da un’iscrizione rupestre. Ismail, che di suo padre era stato “la bocca e le orecchie”, si pone il compito di tradurlo, per perdonarsi di averlo abbandonato e riconciliarsi con il proprio destino.

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Il viaggio delle bottiglie vuote

Bolfazl è un esule iraniano che ha trovato rifugio in Olanda. Nonostante le difficoltà che deve affrontare in questa nuova esistenza, vive il suo stato di esule con grande forza d'animo, sensibilità, desiderio di comprendere e volontà di integrarsi. Nel suo cammino è aiutato dal vicino di casa René, un ex artista, sposato e con una figlia, che scopre di essere omosessuale. L'emarginazione cui è sottoposto René è identica a quella provata da Bolfazl.

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La veste strappata

Gli otto racconti di Nahid Tabatabai spaziano dal frammento alla narrazione ampia che esplora in tre storie di donne un unico evento. Comune a tutti è la capacità di cogliere la soggettività dei sentimenti all'interno di un quadro sociale di cui non si ignorano le violente contraddizioni. L'immagine metaforica della "veste strappata" suggerisce dolorosamente la nuda realtà che affiora attraverso lo squarcio aperto da un momento, un evento che disvela una verità nascosta, spesso ignorata dagli stessi protagonisti.

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A quarant’anni

La crisi di una quarantenne iraniana che rimpiange le occasioni mancate di una gioventù all'ombra della rivoluzione khomeinista. Un romanzo "borghese", costruito attorno alle vicende Alaleh, quarantenne iraniana che divide la sua vita tra il lavoro in una grande compagnia della capitale, e una famiglia affettuosa e complice. Una vita scossa dall'irruzione di un vecchio amore, che riporta la protagonista agli anni della sua gioventù, a rimpianti e sogni consumati sullo sfondo della rivoluzione guidata da Khomeini, che avrebbe cambiato il volto dell'Iran per i decenni a venire.

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