Pubblicato nel 1952 ̶ a un anno dal colpo di stato che rovesciò il primo ministro Mossadeq, che aveva nazionalizzato il petrolio iraniano ̶ Cheshmhayash (I suoi occhi), generalmente considerato una pietra miliare nello sviluppo della narrativa persiana moderna, è il romanzo con cui Bozorg ‘Alavi conclude, e consacra, la sua troppo breve carriera letteraria. La storia ruota attorno al dipinto di una donna sconosciuta intitolato I suoi occhi e il narratore assume il ruolo di detective alla ricerca di una verità da scoprire: gli occhi sono di Farangis, donna affascinante e complessa di famiglia aristocratica, che nel corso del romanzo svela il suo particolare rapporto con Makan, il famoso artista che l’ha dipinta e figura chiave dell’opposizione clandestina a Reza Shah.
Letteratura persiana
Sinfonia dei morti
Ottant’anni di racconti brevi – Tre generazioni di autori iraniani
L’ultimo gioco di Banu
Il faraone d’Olanda
Il randagio e altri racconti
In queste nove storie, potenti e stranianti, Sadeq Hedayat dipinge l’umanità che anima le strade di Teheran – il droghiere, il macellaio, la sala da tè, il cambiavalute, l’imam, la corte del califfo – così come quella che s’incontra nei vicoli di Le Havre. Protagonista è un’anima solitaria e randagia alla deriva, in una esistenza che non le appartiene, alla ricerca di un senso ai torti subiti, alle lusinghe della vita da cui si sente irretita e respinta. Una narrazione seducente che trascina il lettore in un’atmosfera vertiginosa, a tratti grottesca, fosca, mescolando sapientemente la tradizione persiana con la cultura europea, soprattutto francese, con uno stile che coniuga surrealismo, oniricità e magia.
Abramo nel fuoco
La poesia di Ahmad Shāmlu esplora i solchi più profondi della continua e spesso amara metamorfosi politico-culturale che traccia e contraddistingue il cammino della storia contemporanea dell’Iran. La sua costante e decisiva presenza nel panorama artistico del paese fa della sua eredità letteraria una testimonianza ricca e appassionata dai molteplici strati interpretativi. Una voce distinta che fissa in un inno- vativo e multicolore linguaggio poetico le grandi trasformazioni della sua terra e del suo tempo.
L’illuminazione del susino selvatico
Iran 1979. La famiglia di Bahar, un’eccentrica dinastia di mistici, poeti e filosofi, fugge da Teheran allo scoppio della Rivoluzione. Segnata da un terribile lutto – a raccontare la storia è il fantasma di Bahar stessa, arsa viva in un rogo in una sommossa –, si rifugia tra i boschi del Mazandaran, lontano da uomini e strade. Lo sperduto villaggio di Razan, immacolato e selvaggio, li accoglie all’ombra delle sue foreste millenarie, popolate da spettri e prodigi, vecchie leggende, le rovine di un antico tempio zoroastriano.
Mio zio Napoleone
“In un caldo giorno d’estate, precisamente il 13 di agosto alle tre meno un quarto del pomeriggio, scoprii di essermi innamorato.” Tutto comincia da un amore, dunque, l’amore che un ragazzo di tredici anni scopre all’improvviso di provare per la dolcen cugina Leili. Ed è l’Iran il teatro di questo sentimento, negli anni della seconda guerra mondiale e nel pieno dell’influenza che gli inglesi esercitano nel paese. Peccato che Leili sia promessa a un altro cugino e, ancor più grave, è la figlia di un vecchio zio che millantando un passato da patriota combattente si è guadagnato il soprannome di “Caro Zio Napoleone”.
Sull’amore e altre cose
Tornare ad Ahvaz o rimanere a Tehran? Dopo la laurea il giovane Hany non ha un dubbio. Tanti soldi, ottimo cibo e belle ragazze, queste sono le sue priorità e tanto gli basta per far pendere l'ago della bilancia verso la realtà cosmopolita della capitale. Qui però la vita non è facile, per potersi mantenere deve accontentarsi di quel poco che guadagna dando lezioni di fisica, e una volta lasciato il dormitorio dell'università l'unica possibilità che gli resta è dividere una cantina con due ragazzi, Karim Giogiò e Morad Sormè.
Simorgh. Trenta interviste con iranisti italiani
Il presente libro è il risultato di otto interviste condotte in video, sulla base del programma dell'Archivio Orale della Biblioteca Nazionale dell'Iran, e di due interviste per iscritto, commissionate dall'Istituto Culturale dell'Ambasciata della R.I. dell'Iran a cura di Abolhassan Hatami.
Il sentiero delle babbucce gialle
Sultan Farahangi, famoso cineasta iraniano rifugiato in una fattoria della campagna olandese, si immerge nei ricordi per riannodare i fili della sua avventurosa esistenza e raccontarla in una catena di storie seguendo le orme di Sherazade. Un viaggio nella memoria che come d’incanto ci trasporta nell’antica città di Arak, divisa fra tradizioni secolari e la forzata modernizzazione a stelle e strisce con cui lo scià, nel secondo dopoguerra, importa la gomma da masticare e il seducente mondo del cinema. Figlio di una nobile famiglia di commercianti di zafferano e cresciuto in un castello fiabesco, tra gli spiriti tutelari del nonno, le lotte femministe della cugina Akram jun e l’amicizia del feroce bandito Hushang Braccio Mozzo, Sultan comincia a osservare il mondo fuori con il cannocchiale dell’alta torre dove ama rifugiarsi.
So di una donna
Domenica 27 settembre 2020, ore 18, a Trevignano Romano, viene presentata l'antologia di poesie palestinesi e persiane So di una donna e altre poesie, Edizioni Q, 2019, presso In itinere, via Umberto I, 6. Con Leila Karami (curatrice), Melissa Fedi (traduttrice), Wasim Dahmash (editore).
Paura e tremore
I sei racconti di Paura e tremore, pubblicati da Gholamhoseyn Saedi nel 1968, nascono dalla sua esperienza di medico nel Golfo Persico, dove la povertà e le difficilissime condizioni di vita creavano una costante atmosfera di timore e insicurezza. Due anni prima Saedi aveva pubblicato Ahl-e hava (La gente del vento), un saggio antropologico sulle popolazioni della stessa area che ha poi costituito la base per le storie di Paura e tremore.
I racconti di Paura e tremore trasfigurano in forma narrativa lo strano mondo che Saedi aveva scoperto durante i suoi viaggi e le sue ricerche scientifiche. Nel mondo magico dei suoi racconti il moto ondoso del mare e il gioco di luci e ombre nell’oscurità della sera contribuiscono ad annullare i confini tra reale e fantastico.
Le lezioni di papà
In questa raccolta di racconti Mohammad Tolouei compone una piccola saga attorno alla figura di suo padre, Ziya, improbabile capofamiglia che parte per il fronte dopo una lite coniugale, nasconde un passato da guerrigliero, sogna di trascinare la famiglia in Europa e tenta di approfittare del clima di incertezza seguito alla rivoluzione del ’79 per compiere il salto sociale. Un personaggio animato da un idealismo rocambolesco e da un opportunismo un po’ ingenuo che la madre di Mohammad, donna dal carattere schivo e severo, controbilancia con entrate in scena tanto dosate quanto risolutive.
Tehran Girl
Elham è l’avvenente segretaria di un uomo d’affari della Repubblica Islamica. È abituata a essere compiacente e carina, a venire considerata solo per il suo aspetto e a ricevere ordini, anche da se stessa. Ma quando il capo le rivela che suo padre, di cui si sono perse le tracce da venticinque anni, è vivo e abita in Svezia, la maschera da bambola crolla e riaffiora la bambina cresciuta in un covo di comunisti durante gli anni della rivoluzione. È stata lei a denunciare la famiglia con le foto che i pasdaran avevano trovato nel suo quaderno? O qualcuno si è servito di lei per far saltare la copertura dei genitori e porre fine alla lotta politica che li stava portando alla rovina?
La civetta cieca
Pietra miliare della letteratura persiana moderna, La civetta cieca è una storia di discesa agli inferi senza ritorno, un viaggio allucinato eppur consapevole negli abissi della coscienza. Quasi fosse un sonnambulo, la mente ottenebrata da oppio e alcol, Hedayat, nella voce di un miniaturista di portapenne, ripercorre le vicende di un’intera vita, in un fluire di immagini che attraversano il giorno e la notte, l’amore e la morte. Il resoconto lirico e terribile di questo viaggio è un libro senza tempo che appartiene a buon diritto ai capolavori del Novecento.
I giorni che non ho vissuto
Omid sta per tornare a Tehran dopo lunghi anni passati in Europa e un matrimonio fallito. La notizia del suo rientro porta turbamento nella vita della madre e di Bita, l’amica d’infanzia. Le due donne si rivedono per la prima volta dopo tanto tempo e si confrontano sul terreno di antiche incomprensioni e menzogne. Tra i ricordi riemergono le ferite lasciate dalla guerra, l’amarezza per gli errori compiuti e il rimpianto per le occasioni perdute.
La scelta di Sudabeh
Sudabeh è una tipica ragazza benestante dell’Iran post Rivoluzione. Vive in una famiglia altolocata che sogna per lei un matrimonio all’altezza del suo status sociale. La ragazza però si batte per un amore impossibile, quello che la lega a un uomo culturalmente e socialmente inferiore. Mentre Sudabeh insiste nella sua passione, la madre interpella la zia, Mahbubeh, che racconta di aver vissuto una storia d’amore simile a quella della nipote. Inizia dunque una seconda narrativa, parallela, che ci riporta nell’atmosfera dell’Iran prima della Rivoluzione, all’epoca dello Shah.
Suvashun, una storia persiana
Zari è una nobildonna di Shiraz nell'epoca della seconda guerra mondiale. L'amore che prova per il marito e i loro tre figli, la meravigliosa casa in cui vive e l'educazione acquisita in un collegio di missionari inglesi l'hanno resa una donna felice e colta, anche se inerme e passiva di fronte alle numerose ingiustizie che affliggono il suo paese. Infatti, Shiraz è lacerata in quegli anni da numerose forze avverse che vogliono sfruttarne la ricchezza e la posizione strategica, soprattutto dagli occidentali che spadroneggiano in casa d'altri.