Aamer Hussein ci racconta una delicata storia d’amore accompagnandoci in un viaggio dalla grigia Londra del dopoguerra al Pakistan, lo stesso compiuto da Lydia per raggiungere l’amato Usman. In queste pagine percorriamo anche un cammino ideale alla scoperta del mondo interiore dei protagonisti, mentre la dimensione narrativa si intreccia alla magica rievocazione di atmosfere fiabesche.Sullo sfondo il Gulmohar, l’albero di fuoco, trapiantato dal Madagascar nel subcontinente indiano, simbolo del fecondo abbraccio tra due culture e destinato a generare splendidi frutti, proprio come questo piccolo ma intenso capolavoro.
Aamer Hussein
Professore ordinario di inglese e scrittura creativa all’Università di Southampton, Aamer Hussein è nato nel 1955 a Karachi, in Pakistan da padre pakistano e madre indiana. Studia in India prima di trasferirsi a Londra nel 1970. Tra i suoi lavori acclamati a livello internazionale: This Other Salt (1999), Turquoise (2002), Insomnia (2007).
I giorni dell’ibisco
Questi nove racconti, per la prima volta tradotti in italiano, sono stati scritti in un arco di tempo che va dagli anni Ottanta a oggi. Si tratta di composizioni sofisticate nel loro rigore, ricercate nella loro semplicità apparente, che rivelano a ogni passo l’influenza della tradizione letteraria urdu e persiana, delle quali Aamer Hussein è profondo conoscitore, oltre a quella della cultura indo-musulmana, dalla quale lo scrittore proviene e verso la quale conserva l’atteggiamento di identificazione tormentata che forma il tessuto, l’umore, il mondo di riferimenti dai quali nascono le sue storie.ricalamitati nella terra d’origine, per scoprire che patria non è più.
Il nuvolo messaggero
Mehran Malik racconta la sua storia. Aamer Hussein ripercorre la sua vita. E le loro strade si sovrappongono in questo romanzo autobiografico e postcoloniale. Visione esotica dell’Occidente, nostalgia perenne della propria terra o forse desiderio di sentire il senso di appartenenza per un luogo. Amori impossibili e difficili, affetti che spariscono, linguaggi che si annodano in una danza delicata e l’incrocio di storie e culture che delineano la multiculturalità dell’opera.