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Porti ciascuno la sua colpa

Abbiamo diviso in modo netto carnefici e vittime, l’Occidente e il caos; abbiamo tranquillizzato la nostra coscienza con racconti semplicistici. Abbiamo tracciato un confine tra umano e disumano. Così l’Isis era un mostro sconosciuto che andava annientato, e le terre su cui ha allignato solo delle terre guaste da lasciare al loro destino segnato. Eppure, se avviciniamo lo sguardo scopriamo quanto di irresistibilmente umano è restato dove abbiamo pensato non ci fosse bisogno di guardare più nulla. Non c’è un solo ritratto in Porti ciascuno la sua colpache non si incida nella nostra mente: le donne vedove di miliziani pronte a essere madri di altri martiri, i bambini dei carnefici dell’Isis accanto ai bambini delle vittime dell’Isis nello stesso campo profughi, i giovanissimi orfani del Califfato che speravano di immolarsi in un attentato e adesso senza una gamba guardano fisso il vuoto, gli adolescenti terroristi che sembrano dei ragazzi di una qualunque periferia del pianeta.

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Io Khaled vendo uomini e sono innocente

La scioccante storia di un trafficante di esseri umani. La tragedia dei migranti raccontata dalla voce contraddittoria di un carnefice, vittima del ricatto di un Paese nel caos.
Khaled è libico, ha poco piú di trent’anni, ha partecipato alla rivoluzione per deporre Gheddafi, ma la rivoluzione lo ha tradito. Cosí lui, che voleva fare l’ingegnere e costruire uno Stato nuovo, è diventato invece un anello della catena che gestisce il traffico di persone.

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