Questo libro interseca prospettive di genere e di antropologia femminista con indagini sulle donne rifugiate e migranti a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Il testo esplora alcuni studi etnografici sulle migrazioni delle donne alla luce dei passaggi storici delle teorie di genere e femministe, proponendo un’angolatura teorica innovativa per lo studio della mobilità umana.
In contrasto con l’immagine persistente che ritrae immigrate e rifugiate come soggetti sospesi dalla storia, queste pagine mostrano come siano proprio coloro che infrangono sicurezze, presentandosi sulla scena politica come profughe e migranti, superando le linee del colore, del genere, della classe, a proporre prospettive radicali per l’analisi dei poteri dello Stato, delle gerarchie sociali e anche dell’ineguale distribuzione politica del dolore.
In senso più ampio, il volume è un’occasione per mostrare il potenziale scientifico e politico delle prospettive di genere e femministe di fronte all’analisi dei processi sociali e del potere, e per mettere in luce quanto la mobilità umana sia centrale per discutere delle strutture di dominio e prevaricazione, di subordinazione e lesione dei diritti, di resistenze e di lotte.