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Trans-Iran. Che cosa succede a chi si innamora della Persia?

Milioni di persone sono rimaste folgorate dalla bellezza sensuale dell’Iran, dai suoi posti, dalla sua gente. “Trans-Iran” è un viaggio oltre le barriere linguistiche, oltre i pregiudizi, oltre i luoghi comuni. Per imparare a conoscere e ad amare un Paese, l’Iran, che non è come ci viene raccontato dai giornali e dalla politica ma molto di più, molto meglio, decisamente molto altro... Dalla letteratura al cinema, dalla poesia alle donne, questo libro vi racconta e spiega che cosa è l’Iran e perché non ne possiamo fare a meno.
“L’Iran non è privo di contraddizioni stridenti e grandi problemi. Ma per chi cerca anche l’‘altro’ Iran, consiglio la lettura di questo libro”. (Anna Vanzan, New York University)

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Iran. La resa dei conti

La crisi in Iran dell’estate 2009 non è solo elettorale. È la crisi di un regime, di un sistema di valori, dei suoi protagonisti.
Esattamente trent’anni dopo la rivoluzione e venti dopo la morte di Khomeini, le diverse forze politiche e sociali dell’Iran sono entrate in rotta di collisione. È perciò sbagliato ridurre la crisi post-elettorale a uno scontro tra potentati politici in cui i cittadini vengono usati come pedine. Le proteste di piazza sono fenomeni autentici e rappresentativi di una società che è cresciuta a una velocità maggiore rispetto alla politica.

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Misteri persiani. I volti nascosti dell’Iran

Dal 1979 per la maggior parte degli occidentali l’Iran è sinonimo di fondamentalismo islamico, di terrorismo, di pericolo. Le cronache hanno ridotto la Persia a “problema”, offuscando 2.500 anni di storia.
Molto prima di Khomeini e Ahmadinejad, l’Iran ha dato al mondo Ciro il Grande, Rumi, Avicenna, Hafez e Khayyam e ha scritto un pezzo di storia fondamentale dell’intera umanità. Una storia che ci porta in una terra di bellezze assolute e ingiustizie profonde. Una storia complessa, affascinante e misteriosa. E troppo spesso sottovalutata. Una storia di musulmani sciiti, zoroastriani, cristiani ed ebrei.

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I ragazzi di Teheran. I giovani in Iran e la crisi del regime

Chador e tagli punk, feste clandestine e preghiere del venerdì, musica rock e misticismo religioso, poesia sufi e blog su Internet, disoccupazione e voglia di fuggire all'estero. Il 70% della popolazione iraniana ha meno di 30 anni e non ha partecipato alla rivoluzione che ha dato origine alla Repubblica islamica.
È una generazione nata durante la terribile guerra con l'Iraq e cresciuta in un contesto economico e sociale difficile.
Orgogliosi della loro identità culturale e religiosa, ma insofferenti nei confronti di un regime oppressivo, saranno proprio i giovani iraniani a decidere il destino di una nazione, giunta a un punto di non ritorno.
Il ritratto di un Paese unico attraverso le voci dei ragazzi di una gioventù bella e vivace.

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La strega nera di Teheran

Il romanzo è la saga famigliare dei Suleyman, una famiglia di ricchi commercianti ebrei di Teheran costretta a emigrare in America dopo la rivoluzione khomeinista. È soprattutto la storia di una incredibile persecuzione della famiglia da parte di una donna, la Strega nera, decisa a far riconoscere il proprio figlio bastardo come erede del ricco patrimonio dei Suleyman. La Strega nera appare improvvisamente un giorno nella villa dei Suleyman proveniente dai sobborghi più miseri di Teheran e sostiene che il suo bambino è frutto della sua relazione con il primogenito dei Suleyman, Raphael, un uomo con problemi di salute mentale.

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A volte velo e a volte specchio. Liriche persiane (secc. IX-XIX)

Il volume raccoglie una serie di liriche dei più rappresentativi poeti persiani lungo un arco di tempo millenario (dal IX al XIX sec.). Curato da Carla De Bellis, italianista de La Sapienza, e da Iman Mansub Basiri, docente dell’Università di Teheran, il testo si avvale della felice collaborazione di due culture, la persiana e l'italiana, vicine soprattutto nella ricchezza dell'arte poetica e nella speculazione filosofica sulla bellezza e sul linguaggio. La complessa traduzione letterale di Iman Mansub Basiri, attenta ai contenuti filosofici dell'antica poesia e alla sua espressione polisensa, è stata adeguata a una maggiore fruibilità per il lettore italiano attraverso la riscrittura di Carla De Bellis, che ha ritrovato il tessuto di suoni ritmi figure proprio della poesia italiana, curando tuttavia l'aderenza semantica ai testi originari. Alcune delle poesie sono state tradotte per la prima volta in una lingua occidentale e l'Antologia presenta i testi poetici in lingua persiana accanto alla traduzione, così da essere seguita anche da un lettore iraniano. Il titolo dell'opera, A volte velo e a volte specchio, richiama un verso del poeta persiano Bidel Delhavī (secc. XVII-XVIII).

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L’attrice di Teheran

Le protagoniste di questo romanzo sono due donne, due iraniane. La prima, nata dopo la rivoluzione del 1979, e che ha conosciuto solo il regime islamico, è una giovane attrice di grande successo. La seconda, scrittrice rinomata, è cresciuta nell'Iran dello Scià. La ragazza racconta alcuni episodi della propria infanzia, le vessazioni subite dai familiari in quanto laici ed artisti, la folgorante carriera nel cinema, il peso della censura e i lunghi interrogatori da parte dei Guardiani della Rivoluzione.

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Il re

Ho lasciato morti dietro di me, i miei compagni di lotta sono in carcere o sepolti in qualche cimitero, mentre io vengo ricevuto ovunque come un re. Come i precedenti romanzi di Kader Abdolah, anche Il re è frutto di una febbrile urgenza di scrivere, di un dovere etico della memoria. Siamo nella Persia a cavallo tra Otto e Novecento, al centro del Grande Gioco tra Russia, Francia e Inghilterra per il dominio asiatico. Ma è anche l’alba della globalizzazione, una brezza incessante spazza via tradizioni millenarie per portare modernità e profondi cambiamenti. Debole, ostinato, vendicativo, più interessato alle duecentotrenta donne del suo harem e alla gatta Sharmin che ai problemi dell’Iran, lo scià Naser non sa intercettare gli snodi cruciali della Storia, ma proprio per questo mantiene il fascino umano del perdente legato a un mondo che scompare.

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Il messaggero

C’era una volta un popolo che viveva in una terra desertica intorno alla Mecca, era diviso, governato da leggi tribali e venerava idoli di pietra, cui sacrificava le sue figlie femmine. Un popolo di seminomadi poveri e ignoranti, guardati dall’alto in basso dai ricchi mercanti ebrei e schiacciato tra grandi imperi – Bisanzio, la Persia, l’Egitto. Tutte civiltà avanzate, ognuna con un suo profeta, che si chiamasse Mosè, Gesù o Zarathustra, e un suo Libro, e soprattutto ognuna con un unico dio. In quella terra inospitale viveva un mercante scaltro, membro di un clan illustre. Era analfabeta, ma visionario e determinato, e dotato di una curiosità e una fantasia inesauribili. Era un poeta. Il suo nome era Muhammad.

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Ritratti e un vecchio sogno

Un viaggio in Sudafrica diventa per Davud, esule iraniano giornalista ad Amsterdam, la rivelazione delle proprie radici più profonde, il recupero del proprio passato, la scoperta di un’affinità di ricerca d’identità, la storia di un innamoramento, forse di una donna, forse di un paese e della sua poesia. Da quando mette piede sulla bruna terra africana, Davud si sente a casa e scopre di essere vissuto da straniero in quell’Olanda che l’ha accolto come rifugiato politico e di cui ha acquisito la lingua, la nazionalità e i costumi.

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La casa della moschea

Da secoli la famiglia di Aga Jan, ricco mercante di tappeti e capo del bazar, ha legato i suoi destini alla moschea di Senjan, nel cuore della Persia. La dimora adiacente alla moschea è pervasa da miti e antiche tradizioni, immagine armoniosa di una società che sta per essere attraversata dagli sconvolgimenti del presente, come fa presagire la massa di formiche che invade il cortile della casa nell'incipit del romanzo. Il piccolo centro religioso di Senjan rischia di rimanere lontano sia dalla modernizzazione filo-occidentale imposta dallo scià che dall'intransigente reazione oscurantista che si prepara nella roccaforte degli ayatollah di Qom.

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Calila e Dimna

Dalla scoperta delle Mille e una notte, il mondo esotico di un millenario oriente in cui si mescolano tradizioni indiane, persiane e arabe, con i suoi scià e visir, eremiti e bramini, fanciulle belle come la luna e mariti gelosi, servi infidi e improvvidi mercanti, animali parlanti a specchio di umani vizi e virtù, è per noi sinonimo di fiaba, parte inscindibile del nostro immaginario fantastico. È a questa stessa tradizione che appartiene Calila e Dimna, “uno dei sei o sette antichi libri persiani più importanti, la nostra prosa più bella”, dice Kader Abdolah che l’ha voluto rielaborare nel suo olandese icastico e poetico, per offrirlo in moderna versione, filtrata dalla sua sensibilità di scrittore esule, come un “antico gioiello” donato ai lettori occidentali.

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Scrittura cuneiforme

Ismail, esule politico iraniano rifugiato in Olanda, riceve un giorno un misterioso taccuino, scritto in strani caratteri incomprensibili. È il quaderno che suo padre Aga Akbar, riparatore di tappeti sordomuto e analfabeta, portava sempre con sé. Peregrinando tra le montagne innevate al confine tra Iran e Urss, nei villaggi dove si tessevano tappeti volanti e i santi aspettavano il Messia leggendo libri in fondo ai pozzi, Aga Akbar registrava i suoi pensieri nell’unica scrittura che conosceva, i caratteri cuneiformi copiati da un’iscrizione rupestre. Ismail, che di suo padre era stato “la bocca e le orecchie”, si pone il compito di tradurlo, per perdonarsi di averlo abbandonato e riconciliarsi con il proprio destino.

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Il viaggio delle bottiglie vuote

Bolfazl è un esule iraniano che ha trovato rifugio in Olanda. Nonostante le difficoltà che deve affrontare in questa nuova esistenza, vive il suo stato di esule con grande forza d'animo, sensibilità, desiderio di comprendere e volontà di integrarsi. Nel suo cammino è aiutato dal vicino di casa René, un ex artista, sposato e con una figlia, che scopre di essere omosessuale. L'emarginazione cui è sottoposto René è identica a quella provata da Bolfazl.

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La veste strappata

Gli otto racconti di Nahid Tabatabai spaziano dal frammento alla narrazione ampia che esplora in tre storie di donne un unico evento. Comune a tutti è la capacità di cogliere la soggettività dei sentimenti all'interno di un quadro sociale di cui non si ignorano le violente contraddizioni. L'immagine metaforica della "veste strappata" suggerisce dolorosamente la nuda realtà che affiora attraverso lo squarcio aperto da un momento, un evento che disvela una verità nascosta, spesso ignorata dagli stessi protagonisti.

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A quarant’anni

La crisi di una quarantenne iraniana che rimpiange le occasioni mancate di una gioventù all'ombra della rivoluzione khomeinista. Un romanzo "borghese", costruito attorno alle vicende Alaleh, quarantenne iraniana che divide la sua vita tra il lavoro in una grande compagnia della capitale, e una famiglia affettuosa e complice. Una vita scossa dall'irruzione di un vecchio amore, che riporta la protagonista agli anni della sua gioventù, a rimpianti e sogni consumati sullo sfondo della rivoluzione guidata da Khomeini, che avrebbe cambiato il volto dell'Iran per i decenni a venire.

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La donna che leggeva troppo

Nella Persia del 1800 Tahirih Qurratu'l-Ayn è diversa da tutte: nata in una famiglia benestante, è cresciuta "come un uomo", libera di studiare e imparare. Bellissima, sensibile e curiosa, scrive poesie e discute di politica, proclama la dignità delle donne. La sua fama di poetessa e ribelle ("strega e puttana" per chi ne ha paura) è ormai diffusa in tutto il Paese quando, accusata di omicidio, fugge, tenendo in scacco la polizia dello Shah come se potesse prevederne le mosse.

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Yalda

Yalda, una ragazza semplice che proviene da una famiglia benestante, convive con i sogni e i desideri propri delle adolescenti. Un giorno, però, al liceo incontra Nasim ed i sogni svaniscono. Nasim è una ragazza della sua stessa età che lotta contro la povertà e le ingiustizie delle leggi maschiliste della società nella quale vive.

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Le letture persiane

Una raccolta di lettere che ci arrivano dal cuore lontano dell'Iran. Il testo è una testimonianza autentica e diretta dove si delinea quella che è la situazione economica, politica, sociale nel Medio Oriente, strettamente legata all'intricato gioco del controllo delle risorse energetiche mondiali.
Il richiamo alle Lettere Persiane di illuministica memoria, non sta solo nel titolo di questo libro di Amir Madami, ma anche nella forma del romanzo epistolare che alla coppia di viaggiatori persiani consentiva di valutare e giudicare con occhio critico la Francia del 1700.

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Pollo alle prugne

Un romanzo sotto forma di fumetto, ambientato in Iran negli anni Cinquanta, racconta gli ultimi giorni di un famoso musicista che si lascia morire per dispetto, dopo che la moglie ha rotto il suo prezioso strumento.
Una riflessione sul piacere, un libro sulla scomparsa dello stesso e sulla morte che ne deriva. E dietro l'agonia del musicista si intravede una storia d'amore finita male e, soprattutto, il ritratto di una società scomparsa: quella dell'Iran dei nonni dell'autrice, un paese lacerato tra modernità e tradizione.

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