Zhang Xianliang era un poeta di ventiquattro anni. Da due anni si trovava in un campo di rieducazione attraverso il lavoro nella Cina nord-occidentale solo per il fatto di essere un letterato, un intellettuale.
La carestia stava mietendo milioni di vittime in tutto il Paese, ma Zhang trovò la forza di scrivere un diario: “Usai la penna per sopravvivere”. Quelle scarne annotazioni, accuratamente autocensurate, hanno aiutato il loro autore a sopravvivere.
Il giovane Zhang viene gettato fra delinquenti comuni in un inferno senza sbarre, dove gli strumenti di tortura si chiamano fame, autocritica e delazione.
Nessuno pensava più ai propri familiari, nessuno cercava più amicizia e solidarietà nella disgrazia: l’unica cosa che importava era che le spartizioni della zuppa fossero eque, che nessuno, che nessuno ottenesse un filo d’erba più degli altri.
Zhang Xianliang
Zhang Xianliang nasce in Cina nel 1936. A ventuno anni viene mandato in un campo di “rieducazione attraverso il lavoro”.
Dopo più di due decenni di prigionia, viene riabilitato ufficialmente nel 1979. Da allora si è affermato come una delle voci più originali della letteratura cinese.
Metà dell’uomo è donna
Il protagonista, Zhang Yonglin, passa circa venti anni in un campo di lavoro. Mentre sta lavorando in una comune rurale, vede una bellissima donna, Huang Xiangjiu, che si sta bagnando nuda nel fiume.
Egli la ritrova otto anni dopo e i due si sposano. Ma il loro matrimonio si rivela un disastro: Zhang soffre di impotenza e la moglie, spazientita, si trova un amante…
Egli la ritrova otto anni dopo e i due si sposano. Ma il loro matrimonio si rivela un disastro: Zhang soffre di impotenza e la moglie, spazientita, si trova un amante…