Diario di un pazzo
Seguono altre novelle che contribuiscono a fornire al lettore una visione completa ma inusuale della variegata società cinese.
Yu Hua apre la sua lente di scrittore-entomologo sulle lacerazioni del tessuto sociale della Cina d'oggi. E vi scopre una materia infetta, corrotta, che racconta con l'imperturbabile e raggelata umiltà di un antico cronachista.
Una lotta fratricida che disintegra una famiglia tra orribili patimenti; la lucida mania omicida di un insegnante che per le strade di Pechino mette in pratica i suoi anni di studio sulle tecniche della pena di morte nella Cina dei mandarini; l'esperto in punizioni che descrive alla sua vittima la "sublime meraviglia" del morire tagliati in due: sono alcune delle storie di questo libro violentissimo fino all'orrore, ma anche pacato e sognante.
Attraverso una galleria di figure esemplari e al tempo stesso ferocemente corporee, emerge in questo libro la singolarità di un paese sospeso tra un passato ormai remoto e un futuro senza più fedi.
Sono trascorsi ormai dieci anni da quando il narratore si è recato nelle campagne a raccogliere ballate popolari e ha avuto modo di conoscere diverse persone, fra cui un anziano contadino che arava la terra con il suo bufalo. Si chiamava Fugui ed era ben disposto ad aprire il suo cuore, a raccontare la propria storia e a spiegare come mai il bufalo aveva tanti nomi. Figlio di un ricco proprietario terriero, era considerato la pecora nera della famiglia Xu perchè in una notte giocando d'azzardo aveva perduto tutto il patrimonio familiare.
Xu Sanguan trasporta i bachi tutto il giorno in un grande setificio. Ha una moglie molto bella e molto capricciosa e tre figli di cui va orgoglioso: Felice Uno, Felice Due, Felice tre.
La schietta umanità di Xu, la sua arte di arrangiarsi, il suo saggio non voler capire le cose che succedono gli permettono di attraversare giorno dopo giorno la miseria e la fame, le epurazioni e i fanatismi ideologici senza mai perdersi e senza mai perdere la propria autenticità.
L’estrema risorsa di vendere il proprio sangue nei momenti difficili e più importanti (una pratica ancora oggi realmente diffusa in Cina) è una specie di talismano: il sangue è un dono degli avi, e per questo non va sprecato. Ma ciò non gli impedisce di far convivere con fantasia e buon senso le ragioni della morale con quelle della necessità.
Una raccolta di racconti avvolti in un’atmosfera trasognata e magica, che riprende e rovescia la narrazione dell’antica tradizione cinese.
Nel microcosmo di un cortile, personaggi indicati con dei numeri intrecciano le loro vite in quella che si presenta come una paradigmatica normalità, ma genera invece una catena di morti bizzarre, quasi rituali, alle quali non sopravviverà nessuno.
Per far questo, Yu Hua scompone e reinterpreta il racconto della tradizione cinese - le storie d'amore fra aspiranti funzionari e nobildonne, i romanzi di cappa e spada, gli affreschi sociali - trasportando il lettore verso un nuovo tipo di percezione e di esperienza estetica.
L’imperatrice Orchidea narra gli ultimi giorni dell'Impero cinese. Il commercio di oppio con l'Europa sta corrodendo il potere della Dinastia Qing. Orchidea, una splendida diciassettenne di famiglia aristocratica ma povera, si trova di colpo alla ribalta quando viene selezionata come concubina dell'Imperatore.
La vera storia di "tre figlie della Cina" (l'autrice, sua madre, sua nonna) le cui vite e le cui sorti rispecchiano un secolo di storia cinese, un tempo di rivoluzioni, di tragedie e di speranze: dall'epoca dei "Signori della guerra" all'occupazione giapponese e poi russa, dalla guerra civile tra i comunisti e il Kuomintang alla lunga Marcia di Mao e alla Rivoluzione Culturale.
Allevata come una "Guardia rossa", Jung Chang raccoglierà l'eredità di dolore e di speranza di sua nonna e di sua madre, opponendosi al regime, che le deporterà i genitori in un campo di rieducazione e la esilierà ai piedi dell'Himalaya, fino all'insperata occasione di espatrio, nel 1978, verso l'Inghilterra.