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Tagliato per l’esilio

La fine del buio, disse il vecchio rabbino, è quando il volto dell’estraneo ti diventa familiare come quello di un fratello o di un caro amico. Migrare è lanciarsi a testa bassa nel buio: essere l’Estraneo, lo Straniero, l’Altro…
La lingua della terra che ti ospita diventa allora l’unico fragile lume per infrangere la corazza del buio, per mostrare il proprio volto e scorgere quello dell’Altro. La lingua madre resta comunque il filo di Arianna, per non perdere se stessi in questo viaggio, nell’intimità di questa si potrebbe anche riuscire a raccontare l’esilio…
Karim Metref, fa un passo oltre e racconta le storie della Cabilia nella lingua che lo ospita; scrive la passione per la sua terra, ma anche quello scivolamento lento e inesorabile verso l’altrove: disegnando volti e storie di migranti che profumano di menta e si portano addosso l’odore forte della lana di montone del loro mantello… "Partire mi sono detto. Partire! Staccarmi, cambiare aria… acquisire più libertà, un’altra libertà. Non fuggivo dalla mia cultura, non me ne vergognavo. No! Volevo prendere distanza, vedere altro. Partire e confrontarmi con l’altro. Partire e poter assumere la mia cultura per scelta mia e non per costrizione dovuta all’azzardo di una nascita in un paesino sperduto della montagna Cabila".

Informazioni aggiuntive

Editore:Mangrovie

Anno:2008

Autore:Karim Metref

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