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Peligòrga

Una silloge dal tono suggestivamente autobiografico, Peligorga gitana completa, nel significato di un percorso poetico iniziato nel gelido e inospitale inverno della dittatura albanese, e continuato, tra illusioni e disincanti, esaltazioni e sfinimenti, nell’esilio italiano. Questo ultimo lavoro di Hajdari salva dalla disperazione tutti questi momenti e li tesse in un'unica tramatura narrativa dove la disperazione del passato, la difficoltà delll’esistenza, il dolore della distanza vengono superati e convogliati nella rinnovata fiducia nella parola poetica, di cui viene ritrovata e celebrata l’energia rigenerante e fecondatrice.

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Editore:Besa

Anno:2007

Autore:Gezim Hajdari

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Caravan to Baghdad

Scrivere un diario è sempre un atto molto personale. In genere, non si scrive un diario per farlo leggere ad altri. Si decide, caso mai, di condividerlo dopo. Attraverso queste immagini, foto o racconti, si scopre una realtà sconosciuta che si insinua dentro l’intimità della gente, non rivelata dai grandi media, ma molto più utile per capire la situazione in Iraq, il conflitto, le responsabilità di chi ha sostenuto la guerra e l’occupazione.

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Il denso delle cose

Antologia poetica con testo portoghese a fronte. L'autrice infatti non ha optato, come normalmente accade, per una lingua o l'altra. In questo caso, per il portoghese (lingua familiare, di nascita) o l'italiano (lingua di adozione o di arricchimento linguistico). Lei alterna il portoghese all'italiano e si traduce (e traduce poeti italiani e brasiliani) dall'una all'altra lingua: senza traumi, anzi "sfruttando", di volta in volta, le caratteristiche delle due lingue.

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Tagliato per l’esilio

La fine del buio, disse il vecchio rabbino, è quando il volto dell’estraneo ti diventa familiare come quello di un fratello o di un caro amico. Migrare è lanciarsi a testa bassa nel buio: essere l’Estraneo, lo Straniero, l’Altro…
La lingua della terra che ti ospita diventa allora l’unico fragile lume per infrangere la corazza del buio, per mostrare il proprio volto e scorgere quello dell’Altro. La lingua madre resta comunque il filo di Arianna, per non perdere se stessi in questo viaggio, nell’intimità di questa si potrebbe anche riuscire a raccontare l’esilio… 

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Vita e sogni. Racconti in concerto

E' un'antologia che raccoglie testi diversi fra di loro per tema, protagonisti e modalità narrative. Sono però uniti da un filo di sogno, sospesi fra fantasia e realtà...magistralmente dosate dall'autore in percentuale variabile pagina dopo pagina.

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La mano che non mordi

Esiste una lingua per raccontare lo spaesamento? Tutto parte da un viaggio a Sarajevo: un tuffo nel cuore dei Balcani, generoso e polveroso come nei ricordi d'infanzia. Qui la pioggia bagna la pelle più in profondità che altrove. La morte è più sorprendente e ha più sapore.

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Vetri rosa

Questo libro non si può definire né un racconto (ma lo è), né una serie di racconti (forse lo sono): è un raccontare, che si muove intorno all'infanzia e all'adolescenza albanese, alle amiche, ai giochi sessuali, alla solitudine infantile, all'amore, alla rivalità, alla morte. I vetri rosa sono pezzetti di vetro attraverso cui guardare la propria vita da dietro la morte,

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Mondo pentola

Se il cibo è cultura, allora diversi autori di origine straniera che scrivono in italiano hanno fatto una bella operazione culturale narrando della propria cucina.
Così il cibo diventa: nostalgia della terra lontana, richiamo della tradizione, metafora dell’immigrato, strumento per rendere meno brusco l’incontro con il prossimo, momento di contaminazione culturale.
La raccolta di racconti curata dall'autrice, riunisce autori immigrati in Italia dalle più diverse parti del mondo sotto il segno della forchetta.

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Amiche per la pelle

Via Ungaretti, nel centro storico di Trieste, è una strada immaginaria "dimenticata sia dal sole sia dal Comune". La casa è abitata da quattro famiglie di immigrati, cinesi, indiani, bosniaci, albanesi, ansiosi di integrarsi nella città d'adozione. Il romanzo parla di quattro straniere alle prese con l'apprendimento della cultura e della lingua italiana, così ardua da sembrare quasi "inventata per scoraggiare l'integrazione".

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Verrà l’anno

E' il suo ultimo lavoro poetico, scritto direttamente in italiano. Una specie di poemetto dove i testi si susseguono senza titolo, né punteggiatura, né maiuscole (restano solo i punti interrogativi), dove la voce del singolo diventa voce collettiva, che può essere di ciascuno di noi, o di tutti, una voce corale.
Il bilinguismo dell'autrice, e il suo “biculturalismo”, si traduce in ampliamento degli strumenti per comprendere il mondo, per penetrare i segreti dell’uomo, soprattutto il suo dolore. La lingua parlata è il filo con il quale il poeta tesse il “discorso comune”: la voce intensa e pacata che parla per ogni uomo, così com’era all’origine della poesia.

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Magia Nera a Kinshasa

Nella vita dell'africano, la magia nera, la stregoneria, fanno parte del quotidiano. Per l'uomo comune spiegare come agiscono gli stregoni è molto difficile. Tuttavia nessuno osa negare che il fenomeno esiste. In città o nei villaggi, ogni giorno accadono fatti che la ragione non riesce a spiegare. In televisione, alla radio, nei bar, nei testi delle canzoni, nei racconti popolari, si sente parlare degli stregoni e dei loro poteri, della guerra tra ndoki (stregoni) e nganga nkisi (guaritori).
 

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Porto il velo, adoro i Queen. Nuove italiane crescono

Sulinda, 30 anni, nata a Perugia, sposata e con 2 figlie, vive a Milano dove studia lingue all'università per diventare interprete. Come tutte le donne della sua generazione affronta la vita con non poche difficoltà. Con una piccola differenza: è musulmana e porta il velo, e tanto basta perché la si consideri diversa. Camminare per strada, fermarsi davanti a una vetrina, andare in palestra, al mare, in vacanza all'estero, tutto acquista una colorazione speciale. E quello che per le sue coetanee è naturale per lei diventa una parodia o, nella migliore delle ipotesi, una piccola avventura.
 

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Il buio del mare

Un presente aspro, inquinato dai detriti della grande Storia, segna un imprecisato paese del blocco socialista. Un cielo livido, a dispetto dell'azzurro mediterraneo, incombe su un'amara quotidianità. Uno sguardo bambino, attonito eppure vigile, indaga, senza mai lasciarsi contaminare, mantenendosi fresco e lucido anche quando si spinge nel territorio del sogno.
Il giovanissimo protagonista senza nome assiste all'impiccagione del padre, al solcarsi sempre più profondo del viso della viso della madre, al crescere della distanza fra lui e la rosea compagna di banco che profuma di sapone.

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Editore:Giunti

Anno:2007

Autore:Ron Kubati

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La teqja

La Teqja rappresenta un viaggio a ritroso nel tempo: se gli avvenimenti narrati si svolgono a Likesh intorno al 1969 durante la dittatura comunista di Enver Hoxha, in realtà l’autore, attraverso i ricordi dei personaggi, si spinge fino a un secolo prima per raccontare le origini della famiglia Cialliku e le peripezie dei padri fondatori. Islam e Hysen Cialliku, i due fratelli sapienti, vissuti a Likesh un secolo prima, possedevano una vasta biblioteca e avevano donato le proprie ricchezze ai contadini poveri attirando su di sé le ire delle autorità locali e del crudele Seit Beu.
In seguito alla morte di Islam a causa del colera, Hysen era vissuto nella fede di Allah e nella tolleranza, non si era mai sposato – a differenza di Islam che aveva avuto il figlio Ahmet – e aveva combattuto il tiranno fino alla morte: per salvare i libri dall’incendio appiccato dagli sgherri di Seit Beu, Hysen era bruciato vivo. Il diario del saggio Hysen, una trentina di pagine in tutto, era stato sotterrato da Ramadan, padre di Meta, nel sacro luogo adiacente la casa e ritrovato da Meta pochi giorni prima del novembre del 1969.
Una sera, di nascosto e in piena dittatura comunista, otto persone della famiglia Cialliku e cinque conoscenti, più un giovane traduttore, si riuniscono a casa del vecchio patriarca Meta per ascoltare le parole del diario di Hysen Cialliku. Queste persone continueranno a riunirsi per nove sere di seguito per apprendere dalle parole dell’insigne antenato su quali basi morali poggi la santità dell’uomo che da solo si oppose ai soprusi del crudele governatore di Likesh.

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La mia prima mamma

L'autore, alla morte della madre torna in Nigeria per darle l'ultimo saluto. Nei giorni che trascorrerà a casa, la ricorderà con amore, ripercorrendo i dolci ricordi che tessono lo speciale rapporto che li legava. E' impossibile non amare la propria madre; si può discutere con lei ogni ora del giorno, ma resta e resterà sempre la figura più importante della nostra vita.
 

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L’accusa silenziosa

Un tragico avvenimento sconvolge l’apparente tranquillità di un villaggio immerso nella campagna albanese. Rancori e segreti covati per anni esplodono al termine di una lunga notte di festeggiamenti, notte in cui tutto accade e tutto si compie. Un romanzo corale che ci fa conoscere un mondo dove l’atavico codice d’onore è l’unica legge e l’onta viene lavata col sangue.
La tradizione di un popolo crocevia di culture, che ha accettato le differenze religiose al suo interno, ma che ancora fatica a rinunciare alla giustizia privata, unico mezzo per riparare l’irreparabile. Il romanzo di Artur Spanjolli è un vortice che, spirale dopo spirale, appassiona il lettore al susseguirsi degli eventi e offre una particolare visione interpretativa del complesso contesto balcanico.

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La tana della iena. Storia di un ragazzo palestinese

Questa autobiografia dell'allora giovanissimo Mustafa Khaled Abu Omar alias Itab Hassan, fu un piccolo evento, quando uscì nel 1991 per la prima volta. Il racconto di vita del giovane Mustafa era stato scritto a 21 anni in carcere dove si trovava dal 1985, arrestato dopo un attentato contro una agenzia della British Airways a Roma. Il militante Itab Hassan aveva soli 15 anni quando fece, da solo, il viaggio dalla Palestina a Roma per colpire, secondo gli ordini a lui assegnati, gli interessi economici della Gran Bretagna in Italia.
Il libro fece scalpore e andò a ruba e ancora oggi il rimane unico nel suo genere in Italia. Leggendo Itab Hassan si capisce quali motivazioni possono spingere un giovane ragazzo a farsi esplodere. Diventa chiaro. Di fronte agli orrori descritti, niente diventa impossibile.

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È la vita, dolcezza

Ricordi, malinconie, rabbie, sogni, desideri di uomini e donne, neri e meticci. Sembrano incontri fatti per strada quelli che dipinge l'autrice, vite comuni in cui stupisce la capacità di scoperchiare l'ovvio, di colpire laddove uno meno se l'aspetta. Tanti luoghi, tanti personaggi, tutti avvinti dal medesimo filo conduttore: la lotta per uscire dal limbo, la ricerca di un'identità, la difficoltà ad affermare la propria unicità.

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Media chiara e noccioline

L'autrice scrive questo romanzo con lo pseudonimo di Viola Chandra. Fresco, intenso, tragicomico romanzo d'esordio di una giovane autrice di padre indiano e madre italiana; affresco colorito di una generazione di eterni adolescenti "oppressi da aspettative" e "drogati di possibilità": svezzati a furia di overdose voracemente ingurgitate di soap hollywoodiane, noccioline e pop-corn, e lasciati crescere poi tra i mille e più spettacolari, inutili agi del nostro abbiente (o abietto) Occidente.
 

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