L’uomo di vento


Bibliografia a cura di Paola Montecorboli, Giorgia Del Monte e Ivana Dama
Hanno collaborato Valeria Bersacchi e Anna Maria Coszach.
Consulenti: Maria Antonietta Saracino e Carla Ghezzi.
In Africa è sempre esistita una ricchissima letteratura orale rappresentata da miti, racconti, proverbi, canzoni e poemi epici, cui era demandato il compito di trasmettere storia e valori tradizionali.
Sebbene agli occhi dell’Occidente esista una identità culturale africana che viene percepita come omogenea, come un tutto indistinto, non si può dimenticare che nel continente africano sono presenti popolazioni, lingue e tradizioni diverse.
Già dall’Ottocento, ma con maggior forza a partire dall’inizio del secolo, con la colonizzazione, in varie zone dell’Africa sono nate letterature scritte in lingue differenti, per lo più europee, che da allora accompagnano la storia dell’Africa stessa interpretandone le realtà complesse e conflittuali.
Queste letterature sono state dominate per oltre un ventennio dall’espressione poetica ad opera dei padri della “negritudine”, come Léopold Sédar Senghor, e si sono affermate e sviluppate soprattutto in stretta connessione con la presa di coscienza dell’identità culturale e con gli eventi che dalla metà del secolo in poi hanno condotto gli stati africani all’indipendenza.
Diverse sono state le influenze culturali e linguistiche del colonialismo su queste letterature, spesso indicate come di area anglofona, francofona e lusofona, così come differenti sono stati i processi di appropriazione e di africanizzazione delle lingue europee da parte degli scrittori africani.
In molti casi gli autori hanno modificato la sintassi e il lessico delle lingue imposte dalla colonizzazione, utilizzando ritmi, modalità espressive e sonorità appartenenti alle lingue autoctone, e personaggi attinti dalla tradizione orale.
L’analfabetismo e la scarsa conoscenza delle lingue straniere in cui sono scritte le opere fanno sì che la letteratura africana sia più letta fuori dall’Africa che dagli africani stessi.
In Italia le prime traduzioni di autori africani, che risalgono agli anni cinquanta e sessanta, hanno avuto poca risonanza e solo dagli ultimi anni la letteratura africana è presente sugli scaffali delle nostre librerie in modo significativo.
La più rappresentata è la letteratura anglofona, mentre la letteratura francofona è stata scarsamente tradotta, nonostante il ruolo che ha avuto nella presa di coscienza dell’identità africana.
Gli scrittori di lingua portoghese sono forse stati quelli più trascurati dall’editoria italiana e rare sono le traduzioni dalle lingue autoctone.
Il percorso bibliografico che qui presentiamo, pur non avendo la pretesa di essere esaustivo, vuole aiutare il lettore ad orientarsi all’interno del vasto panorama della letteratura africana tradotta in italiano e vuole essere un invito ad avvicinarsi all’Africa attraverso i suoi scrittori, nella convinzione che la narrativa sia uno dei veicoli più immediati per comprendere realtà complesse e differenti dalla nostra.
Abbiamo voluto segnalare la data in cui i libri sono apparsi in Italia per la prima volta, per permettere al lettore di comprendere il difficile percorso editoriale della letteratura africana.
Molti libri purtroppo risultano esauriti, ma la maggior parte possono essere presi in prestito nelle nostre biblioteche, in alcuni casi in lingua originale, o consultati presso la sezione africana della Biblioteca dell’IsIAO.
Vogliamo infine ringraziare Maria Antonietta Saracino dell’Università di Roma La Sapienza e Carla Ghezzi dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente per la loro preziosa consulenza.
Grande classico della letteratura africana, questo volume, pubblicato nel 1982, è la sua opera più letta e più tradotta nel mondo. E' composto di otto racconti: due imperniati sul grande musicista di jazz John Coltrane ed altri di satira politica che fecero censurare il libro per anni in Congo. Autore eclettico, insieme poetico e ironico, sconfina anche con umorismo e sensibilità nella fantascienza; pur trattando argomenti vari, si sofferma spesso sul tema dell'infanzia e non ha mai smesso di interrogarsi sulle sorti del mondo e in particolare sul destino futuro dell'Africa.
L'autore descrive tutto l'orrore e l'insensatezza della condizione dei bambini-soldato tracciando il ritratto affettuoso e partecipe di due ragazzini che sanno lottare come adulti ma conservano tracce di dolcezza e di ingenuità che aprono squarci di commozione, umorismo e speranza nella cruda realtà della guerra.
Da un giovane autore africano che è già stato paragonato a Salman Rushdie e a Gabriel Garcia Marquez, una saga trascinante ambientata nell'Uganda del Ventesimo secolo. Io narrante di questo affascinante romanzo è Mugezi, uomo dall'intelligenza lucida e dallo spirito acuto, nato in un villaggio ugandese agli inizi degli anni Sessanta. Tanto la sua infanzia è libera e selvaggia, quanto la sua adolescenza è segnata dalla controversa esperienza del seminario e dalla difficile convivenza con i compagni. E una volta superato questo scoglio, altri lo aspettano, tra speranze e delusioni, conquiste e amarezze, finché decide di partire per Amsterdam e ricominciare tutto daccapo.
Kampala, nei turbolenti anni Settanta. Bat Katanga torna in patria dopo una lunga esperienza da studente all'università di Cambridge. La formazione europea ha raffinato la sua intelligenza, ma ne ha fatto, nell'Uganda di Idi Amin, un uomo incapace di percepire i segnali e i codici del nuovo ambiente. Tuttavia Bat, colto e brillante, dà la scalata al potere grazie a una folgorante quanto effimera carriera amministrativa, inconsapevole di essere solo una pedina nel gioco del tracotante generale Bazooka, ignorante, ombroso e ferino.
Quando in Sierra Leone la guerra civile raggiunge il culmine, la piccola Mariatu ha dodici anni. Da un giorno all'altro le sue giornate spensierate a Magborou, il tranquillo villaggio in cui vive, sono stravolte dalla minaccia rappresentata dai ribelli armati, che incendiano, devastano, torturano e uccidono. Per sottrarsi ai loro attacchi è costretta a cercare rifugio nella boscaglia con la sua famiglia, dove ben presto le provviste iniziano a scarseggiare. Nel disperato tentativo di procurarsi cibo in un villaggio vicino, Mariatu viene sorpresa dagli insorti. Molti di loro sono suoi coetanei, ma non meno spietati degli adulti. I bambini soldato la costringono ad assistere a orrori e violenze inimmaginabili, per poi offrirle la libertà in cambio di un'atroce "punizione".
Qual è il significato dell'Africa e dell'essere africani? Cos'è la filosofia africana e cosa invece non è? La filosofia è parte dell'"africanismo"? Queste sono alcune delle domande fondamentali poste da questo libro. V. Y. Mudimbe dimostra che sono i diversi discorsi a fondare gli universi di pensiero all'interno dei quali le persone concepiscono la loro identità. Gli antropologi e i missionari occidentali hanno dato origine a distorsioni che operano non soltanto sullo sguardo esterno, ma anche su quello degli africani che tentano di comprendere sé stessi. Mudimbe si spinge oltre le questioni classiche dell'antropologia o della storia africane.
La stagione del grande cambiamento in Sudafrica attraverso gli occhi di uno studente universitario. I contrasti razziali, la dura vita delle township, l'orgoglio nero, la nascita della democrazia e la fine dell'apartheid si mescolano alle baldorie e agli stratagemmi di un giovane che fa di tutto per affrancarsi dalle miserie dei quartieri poveri.
Sullo sfondo la cultura Kwaito, la nuova onda musicale che ha travolto la nazione, il frutto della voglia di autodeterminazione della popolazione sudafricana che parla inglese e lingue indigene, che mescola i ritmi della tradizione e l'hip hop.
Questa è la vera storia del colonnello Martillimi Lopez, figlio di Mammà Nazionale, comandante della sua ernia (mostruosa metafora per indicare nell'organo sessuale il simbolo del potere e lo scettro), la vera storia così come la racconta la gente del paese.