Golan Haji attraverso le sue poesie riesce con analogie, similitudini, ellissi prodigiose e urticanti paradossi a descrivere la guerra, la bellezza, il sangue e l’amore. Della guerra le punte delle lance che trasformano il corpo della terra in contundente. Della bellezza lo sguardo di bambino che lievita nella poesia di luoghi magici e il desiderio nascosto dietro la spalla e sotto le ciglia. Dell'orrore, violenze e paure, gli effetti collaterali, l'abbandono e il sudario di silenzio che tutto ricopre.
Golan Haji
Golan Haji è nato ad ʿĀmūdā, una cittadina curda nel nord della Siria, e ha studiato medicina all’Università di Damasco. E’ patologo di formazione, ma ha una presenza letteraria, diverse le raccolte di poesie: Nādafī’l–ẓulumāt (Chiamo nelle tenebre, 2004) ha ottenuto il premio “Muḥammad al-Maghūṭ”; Thammata man yaraka wahshan (C’è qualcuno che ti vede come un mostro) è apparsa nel 2008 in occasione dell’evento internazionale “Damasco città della cultura”; Baytī al-bārid al-baʿīd (La mia casa fredda e lontana) Beirut, 2012, da Dār al-Ğamal; Adulterers, a Copenhaghen da Forlaget, Korridor, 2011. Nel dominio dell’arte ricordiamo il testo principale dell’esposizione Ce que raconte la solitude alla Friche Belle de Mai di Marsiglia (30/8- 21/12 2014) e una sua tela alla Biennale di Venezia 2015 nell’esposizione collettiva Imago mundi. Nel 2016 in corso di pubblicazione: Fino alla guerra (libro non-fiction basato su interviste a donne siriane fra 2011–2013, per i tipi di Riad El-Rayyes Books a Beirut e la traduzione in arabo di A reader on reading di Alberto Manguel, presso Alsaqi Books a Beirut.