Settantasette monologhi, alcuni di personaggi del Vangelo altri di figure ideate dall’autore, per raccontare il Cristo, le sue parole e le sue opere, ciascuno dal proprio punto di vista e partendo dalla propria esperienza.
Gesù figlio dell’uomo


Settantasette monologhi, alcuni di personaggi del Vangelo altri di figure ideate dall’autore, per raccontare il Cristo, le sue parole e le sue opere, ciascuno dal proprio punto di vista e partendo dalla propria esperienza.
'Avevo diciotto anni quando per la prima volta l'amore dischiuse i miei occhi con la sua luce magica e colse la mia anima con le sue dita'.
Così comincia questo romanzo giovanile di Kahlil Gibran che è il racconto di una storia d’amore in parte autobiografica.
Quattro donne, una libanese, una di origine turca, una della penisola araba e un'americana, vivono e si confrontano dentro prigioni dorate.
L’angoscia, la solitudine, la noia ma anche la scaltrezza e la trasgressione sembrano l’unica via d’uscita.
È il racconto di una passione insana e travolgente, fatto in prima persona da un giovane internato in un manicomio di Beirut.
Ma la donna amata, senza nome e senza fascino, è solo un pretesto per un viaggio all’interno di una psiche contorta e confusa.
Solo alla conclusione il protagonista precipiterà nella trama della guerra civile rimasta fino ad allora cornice del dramma interiore.
L’autore lascia parlare la sua città, la sua Tripoli libanese dove, fra grandi trasformazioni economico-sociali, echeggiano lo scampanio delle chiese e gli appelli dei muezzin.
"Sono qui per prenderti per mano e mostrarti la mia patria": con questo intento Daif decide di raccontare la quotidianità libanese anni cinquanta e sessanta e per farlo sceglie di indirizzare una lunga lettera a Kawabata Yasunari, premio Nobel 1968 per la letteratura.
Sulla scia di Kawabata, l’autore, partendo da eventi normali, si sofferma sull’incontro- scontro tra modernità e tradizione.